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CITY LIFE MAGAZINE N.21
un terzo dei quali destinati allo sviluppo di
nuove forme di agricoltura urbana. Al lancio
della campagna promossa dal sindaco
della capitale francese Anne Hidalgo, che
vedrà architetti e paesaggisti di tutto il
mondo impegnati ad avanzare proposte in
un concorso internazionale, era presente
anche l’architetto milanese Stefano Boeri,
progettista del “Bosco verticale”.
E in Italia, a che punto siamo?
In Italia siamo in ritardo rispetto a quanto
succede in Europa e Oltreoceano. E i motivi
sono da ricercarsi in più direzioni.
“Siamo in ritardo nell’affermazione di
questa tecnologia - sostiene Maurizio
Crasso, direttore di Harpo Seic di Trieste
- nonostante siano in molti a riconoscere
l’importanza del verde nelle aree urbane:
come contenimento delle isole di calore,
per attenuare l’effetto di piogge sempre
più intense, per intercettare l’inquinamento
atmosferico, per il risparmio energetico.
Ciononostante, non si registrano novità dal
punto di vista normativo e regolamentare.
Forse, dipende dalla scarsa capacità degli
operatori del settore di operare come lobby
o forse dipende dalla ancora scarsa cultura
tecnica dei professionisti: tranne lodevoli
eccezioni, rappresentate dai grandi studi
di architettura e ingegneria, nel diffuso del
mondo della progettazione la tecnologia
del tetto verde pensile è ancora poco
conosciuta”.
Insomma, in Italia abbiamo bisogno di
tempo e forse serve ancora sperimentare.
Così come è avvenuto qualche anno fa
a Torino, grazie all’idea di due donne
architetto, Elena Carmagnani e Emanuela
Saporito, e del loro studio di architettura, lo
Studio999, che circa sei anni orsono hanno
iniziato a costruire un orto sul tetto piano
del fabbricato che ospitava la loro attività.
Negli anni, l’idea, denominata Our secret
garden, è cresciuta e si è trasformata in una
Our secret garden, Torino. Il giardino pensile realizzato dallo
Studio999 di Torino sulla copertura dello studio