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CITY LIFE MAGAZINE N.8
Edo
Ronchi,
nominato
Presidente della Fondazione
per lo sviluppo sostenibile nel
settembre del 2008, è nato a
Treviglio (BG) nel 1950, vive a
Roma dal 1978, coniugato e con
tre figli, è laureato in Sociologia
all’Università di Trento. Docente
di progettazione ambientale,
corso di laurea in Architettura del
Paesaggio, presso l’Università
la Sapienza di Roma, è stato parlamentare, e Ministro dell’ambiente. Fra i
fondatori dei Verdi Arcobaleno alla fine degli anni ‘80 e della Federazione
dei Verdi all’inizio degli anni’90. Nel 2000, attraverso la Sinistra ecologista,
ha aderito al partito dei Democratici di sinistra, venendo successivamente
nominato nella Segreteria nazionale. Fra i fondatori nel 2006 dell’associazione
degli Ecologisti democratici, è stato eletto all’Assemblea costituente del
Partito democratico. Dal 2008 ha lasciato il Senato e non si è ricandidato,
nè ha più assunto incarichi politici, dedicandosi a tempo pieno ad attività
di studio, ricerca e formazione, in particolare con la Fondazione per lo
sviluppo sostenibile. Studioso ed esperto delle problematiche ambientali
e dello sviluppo sostenibile, ha pubblicato numerosi testi. Nel Giugno 2013
viene nominato dal Ministro dell’Ambiente Sub-Commissario ambientale
dell’ILVA di Taranto.
Presidente, come nasce l’idea di un Green New Deal che parte dalle città? Si tratta di un
approccio nuovo che predilige un’impostazione collaborativa, ma responsabilizzante, a una
dirigista. È così?
“L’idea di un Green New Deal viene mutuata dall’esperienza positiva che UNEP (United
Nations Environment Programme) ha adottato in relazione alla crisi finanziaria e poi
economica esplosa nel 2008 negli USA; l’idea, in analogia all’originale “New Deal” di
Roosevltiana memoria, vuole promuovere un nuovo accordo fra tutte le componenti della
Società per rifondare l’economia su un diverso modello di sviluppo ambientale, nel quale
stimolare la crescita responsabile ed affermare tante nuove professionalità; un modello
che, se implementato ed affinato con continuità, ci potrà accompagnare lungo tutto il
corso del 21° secolo.
Avendo poi di mira la qualità della vita, non si può non partire dalle città, impostazione
che, nel caso italiano, è più che mai appropriata, essendo l’Italia il paese delle 100
province e degli 8000 comuni, e che perciò mal vestirebbe un’impostazione unicamente
centralista e dirigista; meglio invece partire dal piccolo, cioè dal locale, per poi risalire
verso l’aggregato maggiore”.