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CITY LIFE MAGAZINE
sufficientemente importante
– neanche il terziario – da
generare un fatturato simile,
né di assorbire analoghi
livelli occupazionali.
La principale risposta,
la sola praticabile in un
contesto di mercato dove,
a monte, l’energia per
usi industriali dispone di
un ventaglio di opzioni
piuttosto limitato e, a valle,
la domanda di consumi è
in contrazione prolungata
da ormai un quinquennio,
verte sull’efficientamento
degli impieghi energetici
stazionari, in ogni forma in
cui sia possibile. La finalità
primaria di una simile
impostazione di base è
duplice e semplicissima:
ridurre il più possibile i costi
di produzione e rendere
concorrenziale i prodotti, al
fine di aumentare le vendite.
Così delineato il
processo trova molteplici
conseguenze positive, in
primis per tutto il settore
industriale, ma poi anche
per quello energetico, e
quindi, nell’insieme, per il
sistema Paese. Sono, infatti,
più di 250mila le imprese
coinvolte direttamente
o indirettamente nella
domanda per investimenti
nell’efficienza energetica.
Se si riuscisse nel processo
di ammodernamento a
utilizzare le tecnologie
più avanzate, l’impatto
macroeconomico al 2020,
mediante l’adozione di
policy strategiche potrebbe
portare ogni anno una
crescita della produzione
industriale italiana di oltre
65 miliardi di euro, con un
incremento del numero di
occupati di circa 500.000
unità e un tasso di crescita
medio annuo dell’economia
pari allo 0,5% del PIL. In un
simile scenario, politiche
e azioni per l’efficienza
energetica esulano da
una logica di semplice
contenimento dei costi
di energia ed evolvono in
nuove attività industriali.
In quest’ottica, la strategia
è di riuscire ad attivare un
circolo virtuoso per cui i
processi di efficientamento
si traducono in crescita
della produzione industriale,
con conseguente aumento
dell’occupazione e ripresa
dei consumi nazionali.
Il problema di fondo,
tipico di tutte le fasi di
crisi quando si cerca di
attivare nuovi circuiti di
business, concerne lo
sforzo finanziario proprio
della fase di start-up,
là dove è richiesta la
massima concentrazione di
investimenti, in un momento
storico dove le liquidità
sono scarsissime e i tempi
di rientro, oltre che lunghi,
sono altamente insicuri.
Di tutto ciò si è discusso
alla Tavola Rotonda “Il
futuro dell’industria:
ambientalizzazione
o delocalizzazione?”
nell’ambito della Quinta
Conferenza sull’Efficienza
Energetica organizzato
dagli “Amici della Terra”, a
Roma a Palazzo Rospigliosi.
L’occasione si è rivelata
d’eccezione a seguito del
nutrito parterre di invitati,
tutti esponenti del mondo
industriale e imprenditoriale,
che hanno animato la
discussione.
L’AICEP (Associazione
Italiana Consumatori Energia
di Processo) riunisce le
industrie operanti in attività
produttive ad alta intensità
energetica, che utilizzano
l’energia elettrica come una
materia prima indispensabile
per il compimento del
proprio processo di
produzione. Evidentemente,
la competitività delle
lavorazioni e la profittabilità
del business sono
intrinsecamente connesse
con il costo complessivo
dell’energia materia prima.
Il punto, come Nino
Morgantini, presidente
dell’AICEP ha sottolineato,
è che tale costo è ancora
molto superiore a quello
sostenuto da omologhe
aziende europee e mondiali,