City Life Magazine 06 | Page 18

18 CITY LIFE MAGAZINE sufficientemente importante – neanche il terziario – da generare un fatturato simile, né di assorbire analoghi livelli occupazionali. La principale risposta, la sola praticabile in un contesto di mercato dove, a monte, l’energia per usi industriali dispone di un ventaglio di opzioni piuttosto limitato e, a valle, la domanda di consumi è in contrazione prolungata da ormai un quinquennio, verte sull’efficientamento degli impieghi energetici stazionari, in ogni forma in cui sia possibile. La finalità primaria di una simile impostazione di base è duplice e semplicissima: ridurre il più possibile i costi di produzione e rendere concorrenziale i prodotti, al fine di aumentare le vendite. Così delineato il processo trova molteplici conseguenze positive, in primis per tutto il settore industriale, ma poi anche per quello energetico, e quindi, nell’insieme, per il sistema Paese. Sono, infatti, più di 250mila le imprese coinvolte direttamente o indirettamente nella domanda per investimenti nell’efficienza energetica. Se si riuscisse nel processo di ammodernamento a utilizzare le tecnologie più avanzate, l’impatto macroeconomico al 2020, mediante l’adozione di policy strategiche potrebbe portare ogni anno una crescita della produzione industriale italiana di oltre 65 miliardi di euro, con un incremento del numero di occupati di circa 500.000 unità e un tasso di crescita medio annuo dell’economia pari allo 0,5% del PIL. In un simile scenario, politiche e azioni per l’efficienza energetica esulano da una logica di semplice contenimento dei costi di energia ed evolvono in nuove attività industriali. In quest’ottica, la strategia è di riuscire ad attivare un circolo virtuoso per cui i processi di efficientamento si traducono in crescita della produzione industriale, con conseguente aumento dell’occupazione e ripresa dei consumi nazionali. Il problema di fondo, tipico di tutte le fasi di crisi quando si cerca di attivare nuovi circuiti di business, concerne lo sforzo finanziario proprio della fase di start-up, là dove è richiesta la massima concentrazione di investimenti, in un momento storico dove le liquidità sono scarsissime e i tempi di rientro, oltre che lunghi, sono altamente insicuri. Di tutto ciò si è discusso alla Tavola Rotonda “Il futuro dell’industria: ambientalizzazione o delocalizzazione?” nell’ambito della Quinta Conferenza sull’Efficienza Energetica organizzato dagli “Amici della Terra”, a Roma a Palazzo Rospigliosi. L’occasione si è rivelata d’eccezione a seguito del nutrito parterre di invitati, tutti esponenti del mondo industriale e imprenditoriale, che hanno animato la discussione. L’AICEP (Associazione Italiana Consumatori Energia di Processo) riunisce le industrie operanti in attività produttive ad alta intensità energetica, che utilizzano l’energia elettrica come una materia prima indispensabile per il compimento del proprio processo di produzione. Evidentemente, la competitività delle lavorazioni e la profittabilità del business sono intrinsecamente connesse con il costo complessivo dell’energia materia prima. Il punto, come Nino Morgantini, presidente dell’AICEP ha sottolineato, è che tale costo è ancora molto superiore a quello sostenuto da omologhe aziende europee e mondiali,