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dei quadri politici nazionali.
Al successivo articolo 6 la
Direttiva, facendo riferimento alla
comunicazione “Clean Power for
Transport: A European alternative
fuels strategy”, stabilisce che al
fine di ottenere il più ampio uso
possibile di carburanti alternativi
per i trasporti, garantendo
nel contempo la neutralità
tecnologica, e la promozione
della mobilità elettrica
sostenibile in tutta l’Unione,
si può tenere conto delle
esigenze e degli sviluppi dei
mercati individuali negli Stati
membri.
Questo punto, ovvero le
esigenze e lo sviluppo del
mercato individuale di ogni
stato membro, diventa un
punto focale nello sviluppo
dei carburanti alternativi
come quello di assicurare
la neutralità tecnologica e
promuovere la mobilità elettrica
sostenibile (!!).
Ma è quello che è successo
davvero in Italia?
In questi mesi abbiamo assistito
alla presentazione di un gran
numero di Piani di sviluppo
(compresi quelli richiesti dalla
DAFI) molti dei quali più simili
ad un libro dei sogni che ad una
realistica pianificazione delle
azioni e degli interventi e molto
lontano dalle indicazioni del
“come fare”.
Come già detto, il riferimento
alla sostenibilità è diventato un
“must” per chi vuole parlare della
mobilità futura ed essere alla
moda, ma ne è stato spesso
travisato il significato cercando di
dipingere orizzonti futuri allettanti
scordando il presente e la realtà
in cui ci si muove, ovvero i tre
concetti chiave della sostenibilità:
1) sviluppo tecnologico e
cambiamento istituzionale in
armonia
2) miglioramento del
potenziale sia attuale che
futuro
3) soddisfare i bisogni e le
aspirazioni umane
Se manca anche solo una di
queste chiavi non si può dunque
parlare di sostenibilità (tecnica,
ambientale, economica…) e in
ogni caso bisogna considerare
le condizioni al contorno (di
partenza) per elaborare piani
realistici.