È “malata” la politica italiana? Essa ha
ancora la capacità di ascoltare le
esigenze espresse dagli elettori per poi
rispondere ai loro problemi concreti,
governando i processi e progettando un
futuro migliore per i cittadini, le famiglie,
le imprese, i territori? E i cittadini,
comprendono le dinamiche
della politica nostrana? Oppure il solco
tra il “palazzo” e la “gente comune”, che
si è progressivamente approfondito, è
ormai incolmabile?
Sono domande legittime. Basta dare
una scorsa ai giornali o ai titoli dei TG per
restare tante volte spiazzati, tra scontri
verbali violenti (ai limiti della volgarità) di
cui si rendono protagonisti leader di
partito e ministri, promesse roboanti,
parole dette e contraddette nell’arco di
24 ore. Insomma, la politica odierna
appare costantemente “sopra le righe”:
fatica ad assumere toni concilianti, a
proporre ragionamenti pacati, a offrire
un confronto sereno pur tra parti avverse.
Quando poi la politica sposa i
connotati di twitter o facebook, allora la
malattia si acuisce. Un esempio? Il
presidente degli Stati Uniti che annuncia
una decisione di rilievo per il suo Paese,
oppure avvia un pericoloso braccio di
ferro con un leader di statura
internazionale, mediante i pochi caratteri
di un tweet. E questo non perché le
moderne tecnologie digitali siano il
diavolo, ma perché un loro uso distorto
genera
incomprensioni,
forzature,
devianze; a maggior ragione quando tali
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preziose tecnologie vengono utilizzate
come una clava da dare in testa a
qualche avversario politico.
U N MALE CHE VIENE DA LONTANO .
E allora torna il quesito iniziale: la
politica
tricolore ha
la
febbre?
Onestamente parrebbe di sì. Ma – per
sgomberare il campo – ciò non va
ricondotto solo agli avvenimenti recenti,
al dopo-elezioni del 4 marzo 2018 o alla
formazione dell’attuale governo: la
patologia parte da lontano.
E, seconda osservazione, non si tratta
di una deriva politica tipicamente o
esclusivamente nostrana: è infatti facile
rilevare come connotati simili a quelli
che registriamo in Italia si riscontrano
nella politica statunitense (l’ascesa di un
personaggio come Trump…), in quella
russa o turca (due Stati che da tempo
mostrano
i
connotati
di
regimi
autoritari).
Vi sono derive – generalmente
definite come “populiste” e “sovraniste”
– che si sperimentano in Ungheria, in
Polonia, in Austria, in alcuni Paesi del
nord Europa (baltici, scandinavi), nei
Balcani, nella Catalogna che vuole la
secessione dalla Spagna. Fermenti
reazionari e chiusure nazionaliste non
risparmiano
neppure
democrazie
consolidate come quella tedesca,
francese o britannica (un’isola sempre
più isolata e ripiegata su se stessa per
l’affrettata e dolorosa scelta del Brexit).
S LOGAN E GUSCI VUOTI .
Quali, dunque, i caratteri della
politica italiana oggi? Riassumendo senza