Chiesa come popolo, con una
chiarezza teologica nuova, non ne sono
un esperto, ma io ho questa
percezione,
dagli
atti
conciliari.
Dall’altra c’è un nuovo modo di
rapportarsi alla modernità.
Lo sappiamo, prima del Concilio, la
Chiesa era in difesa, nel rapporto con la
modernità emergevano il sospetto, il
giudizio morale, il “si può, non si può”,
che diventava anche “si può leggere,
non si può leggere”. Il Concilio apre,
con papa Giovanni, uno sguardo
nuovo, come a dire fidati della
modernità, sfidala, sentila sorella, sentila
vicina, sentila diversa ma cogli le
opportunità di dialogo.
Questa apertura, probabilmente ha
fatto sì che quando arriva il nuovo
vento del ‘68 i giovani cattolici sono i
primi a farsi prendere. Anche se,
probabilmente, purtroppo, in molti
furono presi dell’ideologia che tagliava
fuori l’esperienza stessa della fede
come contenuto per un inizio di una
società nuova. Si parte dalla positività di
sguardo del Concilio, ma si finisce con il
mettere da parte la fede, che diventa
una fonte di ispirazione e basta,
esattamente come faceva il buon
padre di famiglia borghese che faceva
il suo “dovere”, ispirato dal Vangelo.
Ispirato dal Vangelo lo era anche il
rivoltoso cattolico degli anni settanta. A
me colpisce che tutti i Papi del dopo
Concilio,
continuano
a
porre
l’attenzione sul Concilio, come a dire
che la Chiesa deve ripartire da lì.
D. Per finire, cosa è rimasto del 68 oggi?
Guarda, mi permetto di risponderti
personalmente. Io per esempio, mi
sento totalmente figlio del sessantotto.
Negli aspetti del mio stile di lavoro, per
esempio, anche se ho 62 anni, non ho –
e l’ho imparato da quegli anni lì –
nessuna considerazione del mio ruolo in
quanto conduttore televisivo, Io non
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devo essere rispettato per il ruolo che
ho, per il potere che ho. Non mi
interessa una forma che garantisca il
mio ruolo. Non mi interessa proprio. Non
ho mai difeso, chi lavora con me lo sa, il
mio ruolo. Perché non credo che il
ruolo, il ruolo “borghese”, i galloni che in
un
qualche
modo
ti
vengono
riconosciuti, sia il nocciolo importante
della persona.
Il nocciolo della persona si rivela
attraverso il suo stile, nel suo modo di
essere. Questa è una eredità che sento
mia, non me ne importa niente dei ruoli,
non me ne importa niente del potere.
Non voglio il potere, io voglio la
bellezza, voglio fare cose belle, se
posso.
Ho imparato a capire che c’è la
variabile del tempo, a provare a fare
cose belle si ha che fare con la
variabile della pazienza, della sconfitta.
Quindi, io lo ripeto ancora, “vogliamo
tutto”, ma a 62 anni so anche che non
si può avere tutto. Ma tutto però
diventa un’altra cosa, perché capisci
che il vero obiettivo è la libertà del
cuore. Questo vale per tutti, anche per
uno che è più giovane.
Mi
rimangono
tanti
maestri,
Solgenytsin, Sinjavskij, padre Kolbe, … e
tanti altri che hanno testimoniato
questa libertà del cuore, (che poi mi
rimanda ancora a Francesco d’Assisi),
nella sua radicalità. Dentro di te c’è
come qualcosa che non accetta le
imposizioni della menzogna, c’è una
domanda di verità che può restare
integra dentro di te, anche se il mondo
attorno non le corrisponde. E tu lo sai
che non potrà corrispondere, perché il
mondo è fragile, nulla può durare nel
tempo, ma la mia libertà del cuore,
quella non me la porta via nessuno.
Questo per me è il Sessantotto.