Bet El Za 1 - Bet-el-za Originale | Page 50

Chiesa come popolo, con una chiarezza teologica nuova, non ne sono un esperto, ma io ho questa percezione, dagli atti conciliari. Dall’altra c’è un nuovo modo di rapportarsi alla modernità. Lo sappiamo, prima del Concilio, la Chiesa era in difesa, nel rapporto con la modernità emergevano il sospetto, il giudizio morale, il “si può, non si può”, che diventava anche “si può leggere, non si può leggere”. Il Concilio apre, con papa Giovanni, uno sguardo nuovo, come a dire fidati della modernità, sfidala, sentila sorella, sentila vicina, sentila diversa ma cogli le opportunità di dialogo. Questa apertura, probabilmente ha fatto sì che quando arriva il nuovo vento del ‘68 i giovani cattolici sono i primi a farsi prendere. Anche se, probabilmente, purtroppo, in molti furono presi dell’ideologia che tagliava fuori l’esperienza stessa della fede come contenuto per un inizio di una società nuova. Si parte dalla positività di sguardo del Concilio, ma si finisce con il mettere da parte la fede, che diventa una fonte di ispirazione e basta, esattamente come faceva il buon padre di famiglia borghese che faceva il suo “dovere”, ispirato dal Vangelo. Ispirato dal Vangelo lo era anche il rivoltoso cattolico degli anni settanta. A me colpisce che tutti i Papi del dopo Concilio, continuano a porre l’attenzione sul Concilio, come a dire che la Chiesa deve ripartire da lì. D. Per finire, cosa è rimasto del 68 oggi? Guarda, mi permetto di risponderti personalmente. Io per esempio, mi sento totalmente figlio del sessantotto. Negli aspetti del mio stile di lavoro, per esempio, anche se ho 62 anni, non ho – e l’ho imparato da quegli anni lì – nessuna considerazione del mio ruolo in quanto conduttore televisivo, Io non R. 50 devo essere rispettato per il ruolo che ho, per il potere che ho. Non mi interessa una forma che garantisca il mio ruolo. Non mi interessa proprio. Non ho mai difeso, chi lavora con me lo sa, il mio ruolo. Perché non credo che il ruolo, il ruolo “borghese”, i galloni che in un qualche modo ti vengono riconosciuti, sia il nocciolo importante della persona. Il nocciolo della persona si rivela attraverso il suo stile, nel suo modo di essere. Questa è una eredità che sento mia, non me ne importa niente dei ruoli, non me ne importa niente del potere. Non voglio il potere, io voglio la bellezza, voglio fare cose belle, se posso. Ho imparato a capire che c’è la variabile del tempo, a provare a fare cose belle si ha che fare con la variabile della pazienza, della sconfitta. Quindi, io lo ripeto ancora, “vogliamo tutto”, ma a 62 anni so anche che non si può avere tutto. Ma tutto però diventa un’altra cosa, perché capisci che il vero obiettivo è la libertà del cuore. Questo vale per tutti, anche per uno che è più giovane. Mi rimangono tanti maestri, Solgenytsin, Sinjavskij, padre Kolbe, … e tanti altri che hanno testimoniato questa libertà del cuore, (che poi mi rimanda ancora a Francesco d’Assisi), nella sua radicalità. Dentro di te c’è come qualcosa che non accetta le imposizioni della menzogna, c’è una domanda di verità che può restare integra dentro di te, anche se il mondo attorno non le corrisponde. E tu lo sai che non potrà corrispondere, perché il mondo è fragile, nulla può durare nel tempo, ma la mia libertà del cuore, quella non me la porta via nessuno. Questo per me è il Sessantotto.