Per una volta, sebbene sia decisiva, che quelle leggi gli si rivoltano contro, egli non può violarle, perché sarebbe un'azione ingiusta. Socrate rappresenta l'uomo che reputa la legge della città al di sopra anche della sua coscienza e della sua legge morale e per questo sceglie di osservare la legge della πόλις e non la propria. Ma come comportarsi quando una legge imposta va assolutamente contro i nostri principi? Nel 1938 in Italia sono stata promulgate leggi che discriminavano gli ebrei; era giusto ribellarvisi o no? Un altro esempio: nel 1848 lo scrittore americano Henry David Thoreau - il primo ad avere coniato il termine disobbedienza civile - fu incarcerato per non avere pagato una tassa destinata al finanziamento della guerra in Messico. Nel discorso che pronunciò dopo la scarcerazione affermò che prima di tutto va rispettata la proprio coscienza, “la percezione e l'attuazione del giusto”.
Ma la legge, perché sia giusta, dev'essere applicata senza eccezioni, e questo la rende necessariamente impersonale e incapace di analizzare ogni singolo caso umano.
Insomma non è possibile trovare una soluzione a questo dilemma. Il conflitto esiste, nella Grecia classica come nel '900, e continua ancora oggi a non venire risolto, quindi l'ultima domanda da porsi è: quando la ribellione è davvero la soluzione?.
In uno stato moderno in cui ci sono vie legittime per contestare le leggi, la ribellione deve essere l'ultima alternativa, soprattutto considerando che la legge superiore di Antigone oggi è individuata nei fondamenti condivisi della convivenza, primo fra tutti la Dichiarazione dei Diritti Umani. D'altra parte, con le parole di Bertolt Brecht: "Quando l'ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa dovere”.
Eleanor Roosvelt (1948)