Antigone 15 Aprile 2015 | Seite 14

LA COMUNITA' E IL POTERE

Anouilh, scrivendo durante la seconda guerra mondiale, non può evitare una riflessione su quanto il popolo contribuisca al potere e quale sia il loro rapporto. Emblematici sono i personaggi delle guardie e del coro: le prime, che inscenano gli atteggiamenti che l’esercito assume di volta in volta riguardo al potere, sono rappresentate come personaggi completamente schiavi di un re tirannico, non tuttavia per assoluta fedeltà, quanto piuttosto per un desiderio di tranquillità e continuità che si risolve spesso nell’ingiustizia. Solo di fronte a Antigone morente una di loro mostra un accenno di umanità, ma sempre nella sua forma più gretta e meschina, cosa che d’altra parte è ribadita dal loro completo disinteresse finale per la tragica sorte della casata reale. Il coro, invece, rappresenta una massa popolare, che, nonostante la profonda capacità di intuire e sintetizzare i meccanismi della situazione, non possiede le capacità né il potere di agire a riguardo.

Anche quando Creonte tenta di salvare Antigone, non lo fa per umanità, ma perché è perfettamente consapevole del consenso che acquisisce la figura del martire, quale la ragazza è destinata a diventare, e di quanto un tale consenso verso un ribelle sia pericoloso per il mantenimento del potere e dell’ordine nella comunità. L’umanità di Creonte emerge solo nelle ultime battute in cui egli, solo e fragile, è ormai rassegnato e consapevole dei limiti impostigli dal suo ruolo di potere che rende per lui impossibile evitare il destino di morte di tutti coloro che lo circondano.

La laicizzazione del pensiero contemporaneo porta all’eliminazione della sfera sovrannaturale e religiosa. I personaggi, comunque non privi, come già anche in Sofocle, di responsabilità, sono limitati però dai vincoli imposti dal loro ruolo, rispettivamente quello del potente e del ribelle, e riescono a distaccarsene e smettere di recitare la loro parte solo nell’ultimo slancio di umanità che precede l’ormai inevitabile annientamento di entrambi. Il loro dramma sta anche nella consapevolezza della propria sovradeterminazione.

Nella rappresentazione originaria, Anouilh volle favorire l’immedesimazione del pubblico nei suoi personaggi anche portandoli in scena in abito da sera. Questo è solo uno degli innumerevoli anacronismi che l’autore inserisce nella vicenda per dimostrare come sia sempre attuale e non un semplice residuo del passato.

Antigone di Jean Anouilh (2003)