P A G I N A 1 2
to il via a questa iniziativa indispensabile e potenzialmente destinata al successo, secondo noi senza però crederci, facendo una serie di errori grossolani che l’ hanno portato al fallimento. Già il numero di storie ristampate è un chiaro indizio del problema in quanto, oltre a risultare imbarazzantemente basso( stiamo parlando di venti volumi, corrispondenti ai primi 50,5 albi della serie: appena trentatré avventure) si ferma quando la serie originale stava appena decollando. Pensiamo per esempio al fatto che la serie si è i nterro tta esattamente pri ma dell’ arrivo della prima storia sceneggiata da Tiziano Sclavi, il cui nome avrebbe forse attirato qualche lettore in più( per pura curiosità è divertente notare che analoga sorte era toccato alla collana Tutto Mystère che si era fermata prima dell’ arrivo della prima storia disegnata da Paolo Morales, l’ uomo che in seguito e sino alla sua scomparsa sarebbe divenuto sceneggiatore portante della serie). Oppure al fatto, ben più grave, che si è fermata proprio nel momento in cui, secondo le parole dello stesso Alfredo Castelli, le storie diventavano più belle, Martin più simpatico e la serie insomma decollava. Una scelta, dunque, che scontenta tutti: i lettori nostalgici che a- vrebbero volentieri riletto anche le altre storie ma soprattutto i nuovi lettori che non potranno conoscere il vero Martin, quello“ definitivo”, protagonista delle avventure dall’ albo numero 50 ad oggi. Ed è questo soprattutto che stiamo“ contestando”: non solo la quantità delle storie ristampate, ma anche la qualità e il modo in cui questa collana è stata portata avanti, in modo che nessuno dei lettori ne rimanesse avvinto e continuasse a comprarla. Innanzi tutto, come dicevamo nel titolo, la collana non ha saputo trovare una sua identità, rimanendo nè carne e nè pesce. Troppo tecnica per attirare nuovi lettori e troppo scontata per accontentare i vecchi. Partiamo dalle copertine: tutte belle, ma ricavate dalla serie originale( e solo ricolorate) e dunque già viste dai lettori classici e troppo datate per quelli nuovi. Non è un’ offesa a Giancarlo Alessandrini dire che dopo 35 anni una copertina può risultare datata per un lettore di oggi giorno. Lui stesso ammette che il suo tratto è cambiato molto col tempo e che alcune copertine, che comunque ama, oggi le farebbe in un modo diverso. Per Dylan Dog si era provveduto a ricopertinarle tutte, grazie all’ opera di Bruno Brindisi. In questo caso no, forse per accontentare noi nostalgici che la pensiamo come Alessandrini( le copertine sono belle a prescindere perché sono legate ai nostri ricordi) ma senza considerare che un lettore di vent’ anni che si sta avvicinando ora a Martin potrebbe non apprezzarle appieno. Certo neppure lui potrebbe pensare che siano brutte, ma se dovesse scegliere come spendere 8 € sceglierebbe di certo una copertina come quella di Dragonero. Senza contare che Dragonero costa ben la metà. E qui la seconda nota dolente, un prezzo alto, cioè … un prezzo giusto per quello che la CSaC avrebbe potuto / dovuto essere, ma troppo alto per quello che è stata in realtà: un contentino per i nostalgici e un enigma troppo ostico per i nuovi lettori. Senza considerare la campagna di lancio: il primo numero è stato venduto da subito a prezzo pieno senza nessun prezzo di lancio come avvenuto in passato per altre serie analoghe. E ha potuto contare su pochissima pubblicità: se n’ è iniziato a parlare solo una settimana prima, con qualche paginetta del giornale, ma senza mordente. Su internet le notizie erano ancora più scarne, il piano dell’ opera non era aggiornato e molte copertine comparivano poco prima della stampa. Come se si trattasse di un prodotto in cui nessuno credeva. Quasi fosse stato fatto perché“ dovuto” ma non“ voluto”. Tant’ è che spesso vi sono state sviste e approssimazioni e molte copie erano difettate, specialmente in fase di stampa, con macchie di nero che oscuravano vignette o strisce di rosso che deturpavano la pagina. Un prodotto di