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che. Da avido e appassionato lettore
di Martin quale ero non me la sentivo
di piegare il personaggio al mio stile
(come altri disegnatori hanno scelto
di fare) così ho scomposto il personaggio quasi a livello geometrico
per attenermi il più possibile al personaggio alessandriniano. Così per
Java, meno per tutti gli altri. Questo
processo di studio è stato agevolato
comunque da una comune radice tra
me e Alessandrini che è quella della
linea chiara francese ed in particolare quella moebiusiana. Così non ho
dovuto forzarmi più di tanto. Poi, nel
tempo, sono emerse caratteri più
personali, fino ad arrivare ad un
“mio” Martin Mystère. Lo stesso percorso è avvenuto per il Docteur anche se li fin da subito sono partito
con una caratterizzazione più personale. Per ogni disegnatore lo scopo è
quello di arrivare ad uno stile personale e riconoscibile e credo di esserci riuscito. I miei personaggi, seppure di derivazione alessandriniana,
penso siano più regolari nel tempo e
le scene rappresentate con uno stile
più realistico, soprattutto nell’ultimo
periodo, dopo la contaminazione
texiana.
C.B. — Parlando proprio di Tex, il
tratto che utilizzi nel disegnare il
Docteur Mystère è molto particolare
e dettagliato, diverso in qualche modo da quello che usi per il ranger
bonelliano. Il tuo modo di disegnare
il Docteur Mystère è cambiato nel
corso di questi anni? E le tecniche,
sempre matita e china o ricorri anche
all’impiego del computer, magari
per velocizzare certi passaggi?
L.F. — Si, anche se il disegnare Tex
mi ha portato ad essere un po’ più
“sporco” nel segno, quando disegno
il Docteur o anche Martin Mystère
cerco di ritornare allo stile che più è
nelle mie corde che è sicuramente
più pulito e che si addice di più a
quei personaggi. Sul dettaglio direi
che non ho operato scostamenti in
quanto anche su Tex mi sforzo di rappresentare scene sempre complesse
e ben ambientate, privilegiando
campi medi e lunghi rispetto ai primi
piani. Per quanto riguarda le tecniche, uso sempre gli stessi strumenti:
matita, china e pennarelli brushpen
di vario tipo. Aborro il computer e mi
rivolta la sola idea di disegnare davanti ad uno schermo. Sicuramente
programmi come il Photoshop permettono la correzione dell’immagine
all’infinito fino ad una presunta perfezione, ma non una maggiore velocità. La perfezione poi per me non è
sinonimo di bellezza.
Amo il “fatto a mano” con tutte le sue
indecisioni, imperfezioni ed errori. E
poi volete mettere avere in mano un
originale, un pezzo unico con tutte le
sue belle le sbavature, le ditate e i
patacchini? ( leggi pecette)
C.B. — Disegnare il Docteur Mystère richiede un particolare impegno
nella ricerca e nello studio non solo
per quanto riguarda i personaggi ma
anche il suo mondo e la sua epoca.
Quali sono le tue fonti e i tuoi riferimenti?
L.F. — E’ quasi tutto in testa e quello
che non lo è, avendo presente lo stile
e l’estetica di quell’epoca, lo invento. Per le ambientazioni reali, come
per esempio i vecchi navigli a Milano, c’è il Dio Internet.
C.B. — So che lavorare sul Docteur
Mystère, e più in generale sul BVZM,
ti fa piacere anche perché ti consente di “tornare” a collaborare con Alfredo Castelli, col quale hai un ottimo
rapporto d’amicizia e, come più volte
hai detto, una collaborazione che dà
luogo a scambi divertenti. In particolare, come si è svolto sino ad oggi il
vostro lavoro sul Docteur Mystère?
L.F. — Come ho avuto già modo di
esternare, lavorare con Alfredo Castelli, per un disegnatore, è una fortuna impagabile. Sicuramente per
me lo è stata. Certo, all’inizio arriva-
Nel 2003 illustra il libro
della moglie Maria Gabriella Buccioli “I giardini
venuti dal vento” (Pendragon), che riceve
il premio “Grinzane Giardini botanici Hanbury” (2004).
Nel 2005 riceve il “Premio
ANAFI” quale miglior disegnatore dell’anno.
Nel 2011 esce il volume
“Una donna un’avventura –
La donna del risorgimento”,
che contiene “La bella Gigogin: una storia quasi vera”, scritta da Castelli e
disegnata da Filippucci
(Museo Italiano del Fumetto e dell'Immagine di Lucca e L'Associazione Amici
del Fumetto di Città di Castello). Nel frattempo, nel
2008 ha realizzato
“Seminoles”, il ventiduesimo “Tex gigante” (c.d.
“Texone”) su sceneggiatura di Gino D’Antonio,
scomparso nel 2006. Entrato ufficialmente nello staff
di Tex nel 2013 (“L'oro dei
Monti San Juan” Tex n. 631
e “I volontari di Herman”,
Tex n. 632, su testi di Claudio Nizzi), è attualmente al
lavoro su un doppio albo di
Tex scritto da Pasquale
Ruju dal titolo provvisorio
“La legge dei Forrester”.
Ultimato questo impegno si
dedicherà a tradurre in immagini una bella sceneggiatura scritta da Paolo
Morales per la collana
“Le Storie”.