AMys - Bollettino Informativo N.20 -Marzo 2015 | Page 3

PAGINA 3 che. Da avido e appassionato lettore di Martin quale ero non me la sentivo di piegare il personaggio al mio stile (come altri disegnatori hanno scelto di fare) così ho scomposto il personaggio quasi a livello geometrico per attenermi il più possibile al personaggio alessandriniano. Così per Java, meno per tutti gli altri. Questo processo di studio è stato agevolato comunque da una comune radice tra me e Alessandrini che è quella della linea chiara francese ed in particolare quella moebiusiana. Così non ho dovuto forzarmi più di tanto. Poi, nel tempo, sono emerse caratteri più personali, fino ad arrivare ad un “mio” Martin Mystère. Lo stesso percorso è avvenuto per il Docteur anche se li fin da subito sono partito con una caratterizzazione più personale. Per ogni disegnatore lo scopo è quello di arrivare ad uno stile personale e riconoscibile e credo di esserci riuscito. I miei personaggi, seppure di derivazione alessandriniana, penso siano più regolari nel tempo e le scene rappresentate con uno stile più realistico, soprattutto nell’ultimo periodo, dopo la contaminazione texiana. C.B. — Parlando proprio di Tex, il tratto che utilizzi nel disegnare il Docteur Mystère è molto particolare e dettagliato, diverso in qualche modo da quello che usi per il ranger bonelliano. Il tuo modo di disegnare il Docteur Mystère è cambiato nel corso di questi anni? E le tecniche, sempre matita e china o ricorri anche all’impiego del computer, magari per velocizzare certi passaggi? L.F. — Si, anche se il disegnare Tex mi ha portato ad essere un po’ più “sporco” nel segno, quando disegno il Docteur o anche Martin Mystère cerco di ritornare allo stile che più è nelle mie corde che è sicuramente più pulito e che si addice di più a quei personaggi. Sul dettaglio direi che non ho operato scostamenti in quanto anche su Tex mi sforzo di rappresentare scene sempre complesse e ben ambientate, privilegiando campi medi e lunghi rispetto ai primi piani. Per quanto riguarda le tecniche, uso sempre gli stessi strumenti: matita, china e pennarelli brushpen di vario tipo. Aborro il computer e mi rivolta la sola idea di disegnare davanti ad uno schermo. Sicuramente programmi come il Photoshop permettono la correzione dell’immagine all’infinito fino ad una presunta perfezione, ma non una maggiore velocità. La perfezione poi per me non è sinonimo di bellezza. Amo il “fatto a mano” con tutte le sue indecisioni, imperfezioni ed errori. E poi volete mettere avere in mano un originale, un pezzo unico con tutte le sue belle le sbavature, le ditate e i patacchini? ( leggi pecette) C.B. — Disegnare il Docteur Mystère richiede un particolare impegno nella ricerca e nello studio non solo per quanto riguarda i personaggi ma anche il suo mondo e la sua epoca. Quali sono le tue fonti e i tuoi riferimenti? L.F. — E’ quasi tutto in testa e quello che non lo è, avendo presente lo stile e l’estetica di quell’epoca, lo invento. Per le ambientazioni reali, come per esempio i vecchi navigli a Milano, c’è il Dio Internet. C.B. — So che lavorare sul Docteur Mystère, e più in generale sul BVZM, ti fa piacere anche perché ti consente di “tornare” a collaborare con Alfredo Castelli, col quale hai un ottimo rapporto d’amicizia e, come più volte hai detto, una collaborazione che dà luogo a scambi divertenti. In particolare, come si è svolto sino ad oggi il vostro lavoro sul Docteur Mystère? L.F. — Come ho avuto già modo di esternare, lavorare con Alfredo Castelli, per un disegnatore, è una fortuna impagabile. Sicuramente per me lo è stata. Certo, all’inizio arriva- Nel 2003 illustra il libro della moglie Maria Gabriella Buccioli “I giardini venuti dal vento” (Pendragon), che riceve il premio “Grinzane Giardini botanici Hanbury” (2004). Nel 2005 riceve il “Premio ANAFI” quale miglior disegnatore dell’anno. Nel 2011 esce il volume “Una donna un’avventura – La donna del risorgimento”, che contiene “La bella Gigogin: una storia quasi vera”, scritta da Castelli e disegnata da Filippucci (Museo Italiano del Fumetto e dell'Immagine di Lucca e L'Associazione Amici del Fumetto di Città di Castello). Nel frattempo, nel 2008 ha realizzato “Seminoles”, il ventiduesimo “Tex gigante” (c.d. “Texone”) su sceneggiatura di Gino D’Antonio, scomparso nel 2006. Entrato ufficialmente nello staff di Tex nel 2013 (“L'oro dei Monti San Juan” Tex n. 631 e “I volontari di Herman”, Tex n. 632, su testi di Claudio Nizzi), è attualmente al lavoro su un doppio albo di Tex scritto da Pasquale Ruju dal titolo provvisorio “La legge dei Forrester”. Ultimato questo impegno si dedicherà a tradurre in immagini una bella sceneggiatura scritta da Paolo Morales per la collana “Le Storie”.