100% Fitness Mag - Anno VIII Gennaio 2014 | Page 63

posseduti dalle banche, però, solleva il timore che l'operazione di iniezione di liquidità abbia sì spento il fuoco del rischio fallimento delle banche in difficoltà, ma abbia però intensificato il legame fra banche e debito pubblico dei rispettivi Paesi, una delle cause principali delle violente turbolenze dei mesi scorsi. Le sofferenze bancarie costituiscono un rischio da non sottovalutare, infatti, l'Abi rileva che nel 2013 a seguito del perdurare della crisi e dei suoi effetti, la rischiosità dei prestiti è ulteriormente cresciuta e sono aumentate le sofferenze nette, salite ai massimi dal 1999. L'associazione bancaria (ABI) rileva, infatti, come la domanda di credito sia penalizzata dalla crescita dei fallimenti delle imprese. Secondo gli ultimi dati elaborati nei primi otto mesi del 2013, inoltre, il numero delle domande di finanziamenti da parte delle imprese italiane è diminuito di -1,1% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Come se ne esce allora? Secondo gli esperti la risposta a tale domanda sta nell’integrazione e modernizzazione del settore bancario a livello europeo, insieme ad una ristrutturazione e ricapitalizzazione degli istituti, e quando e dove necessario, regole Ue sempre più omogenee e trasparenti. La soluzione, sempre in base al parere degli esperti, è una ricetta che prevede i seguenti ingredienti: l'unione bancaria, la definitiva rottura del legame tra crisi finanziaria e crisi sovrana, supervisione unica del settore bancario alla Bce, un fondo di risoluzione delle crisi bancarie ed infine, la garanzia comune sui depositi dei clienti. «Gli Stati Uniti ci hanno messo 60 anni per arrivare alla supervisione bancaria unica. In Europa a tale traguardo dovremmo arrivarci in molto meno, visto che scatterà dall'estate del 2014, per quanto riguarda il fondo di risoluzione ci vorranno dai 15 ai 20 anni secondo i tedeschi ma, nel frattempo, si potrà procedere con una formula mista, che prevede finanziamenti nazionali da parte dei Paesi interessati all'operazione (con decisioni all'unanimità) e finanziamenti europei targati Esm (c.d. “Fondo Salvastati”). Per ora, invece, resta molto lontana la “garanzia comune sui depositi”. È evidente che con questa unione bancaria, più di nome che di fatto, il recupero della fiducia perduta in Europa resterà in stand-by ancora per un po’ di tempo. A ciò si aggiunga che Pascal Lamy, direttore generale Wto, ha dichiarato che il 90% della crescita mondiale nei prossimi anni avverrà fuori dall'Europa. Così ragiona anche Berlino, che non a caso rema contro i progetti di Mario Draghi, il quale sta provando, invece, a dare un po' di respiro alle piccole e medie imprese in sofferenza. Anche in questo caso, dunque, meglio non aspettarsi grandi aiuti dall'Europa per uscire dal credit crunch: non arriveranno!