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PSICOLOGA
fobia anziché renderla affrontabile.
Le cause della claustrofobia non sono
sempre facilmente individuabili, tuttavia riuscire a riconoscerle ne rende
possibile la comprensione e di conseguenza l’elaborazione di strategie
per gestirla.
Alcuni studi ipotizzano che la claustrofobia si sviluppi in seguito ad un
episodio traumatico in cui il soggetto
è rimasto intrappolato in uno spazio
ristretto o anche dopo un trauma
non vissuto in prima persona, ma da
una persona cui si è legati emotivamente. In alcuni casi il trauma può
essere stato subito durante l’infanzia
o addirittura essere legato alla vita
intrauterina. Un’altra ipotesi sostiene che la claustrofobia abbia
cause ereditarie ed esista quindi
una predisposizione genetica.
Non è tuttavia da escludere che la
claustrofobia si manifesti in persone
che vivono situazioni opprimenti,
come ad esempio un rapporto affettivo troppo soffocante, un lavoro
che non lascia tempo libero, ecc. In
questi casi la frustrazione potrebbe
non essere indirizzata direttamente
alla condizione che si sta vivendo, ma
potrebbe invece manifestarsi attraverso la paura dei luoghi chiusi e ristretti.
Esistono percorsi e tecniche psicoterapiche che si sono rivelate
molto utili per il trattamento della
claustrofobia. Le più utilizzate sono
le seguenti.
La desensibilizzazione sistematica
è un metodo per eliminare le paure sostituendole con una risposta
incompatibile con l’ansia, ossia il rilassamento. Essere rilassati e ansiosi
nello stesso momento non è possibile.
La prima fase della terapia consiste nell’insegnare al paziente a rilassarsi completamente, successivamente gli si chiede di elencare i luoghi
o le situazioni che inducono paura,
partendo da quelli meno ansiogeni
fino ad arrivare a quelli che invece
generano livelli più elevati di ansia.
Nell’ultima fase si invita il paziente
a rilassarsi e ad immaginare ciascun
luogo indicato nella sua lista, naturalmente iniziando da quello che
produce una risposta ansiosa meno
intensa. Ad ogni immagine ansiogena se ne associa una piacevole per
indurre nel paziente una reazione di
rilassamento. Quando l’ansia non si
presenta più si passa mentalmente
alla situazione successiva.
L’esposizione dal vivo è molto simile
alla desensibilizzazione sistematica,
con la differenza che si chiede al
paziente di sperimentare davvero le
situazioni che producono ansia e non
di immaginarle soltanto.
Per superare episodi occasionali
di claustrofobia possono essere
sufficienti degli ansiolitici da assumere al bisogno. Tuttavia questi
farmaci si assumono solo ed elusivamente dopo un’accurata valutazione
medica e/o psichiatrica e soprattutto
non vanno considerati sostitutivi della psicoterapia.
Una psicoterapia denominata ‘supportiva ed espressiva’ consiste nell’aiutare il paziente non solo a raggiungere uno stato di rilassamento che
gli permetta di superare la tensione
nervosa indotta dalla fobia, ma anche
nell’aiutare il paziente ad analizzare i
significati inconsci espressi dalla claustrofobia che necessitano di comprensione e di elaborazione.