100% Fitness Mag - Anno VII Gennaio 2013 | Page 28

100% FITNESS MAGAZINE 28 CHIROPRATICA Trigger Point I l “Trigger Point” è un’area localizzata molto irritabile e dolorosa formata da un nodulo in un fascio teso di tessuto muscolare (Travell, 1952). Lo studio della Travell nasce da un’indagine statistica tra i suoi pazienti: il dolore era la principale lamentela e solitamente era di natura muscolare, indipendentemente dalla diagnosi di malattia. La studiosa, ha quindi rilevato la preponderanza del sistema muscolare nelle sindromi dolorose e dedicando i suoi studi a questo è arrivata nel 1952, in collaborazione con David Simons, a definire il trigger point come punto focale delle sindromi dolorose miofasciali. I trigger points presentano tre peculiari caratteristiche: • Dolore profondo e circoscritto • Contrazione muscolare localizzata evocata dalla compressione della porzione di muscolo contenuta nella zona trigger • Comparsa di dolore riferito come risposta alla digitopressione del trigger point. Sono quindi delle aree d’ipersensibilità localizzate in uno o più muscoli e a volte estese anche al tessuto connettivo circostante simile a un nodulo, indurito e dolente alla palpazione. La digitopressione del trigger point genera un dolore che il soggetto riconosce come familiare e già provato. Inoltre, in molti casi il dolore in questione emerge a una certa distanza dal trigger point coinvolto nelle cosiddette “target area”. L’area d’irradiazione corrisponde a regole Dottoressa Barbara Martino laureata in chiropratica all’AngloEuropean College of Chiropracitc in Bournemouth (Inghilterra), membro dell’Associazione Italiana Chiropratici. Disponibile telefonicamente tutti i giorni dalle 12.00 alle 16.00 Cell. 3491381175 dermatomeriche o decorsi nervosi. I trigger points sono classificabili in due sottogruppi: • Trigger Point Attivo responsabile del dolore del paziente; spesso si trova nei muscoli posturali del collo, scapola, bacino e nei muscoli masticatori. • Trigger Point Latente non provoca dolore ma può causare limitazioni della mobilità. Possono perdurare per anni dopo un’apparente guarigione. L’origine del dolore miofasciale Le cellule muscolari sono longitudinali e le contrazioni di tali cellule avvengono grazie ad unità chiamate sarcomeri. Questi ultimi si contraggono e si rilasciano agendo come microscopiche pompe, facendo così circolare il sangue ossigenato e il nutrimento nel tessuto muscolare. A causa di un’eccessiva e prolungata contrazione, questo effetto pompa s’interrompe creando negli stessi una mancanza di ossigeno e un accumulo di residui metabolici. Il sarcomero diviene, quindi, incapace di rilasciare la contrazione e assume uno stato di rigidità meccanica permanente. La somma di più sarcomeri in tale stato origina il nodulo del trigger point che a sua volta da luogo al fascio teso di fibre che corre lungo l’intero muscolo. La muscolatura, quindi, si viene a trovare in uno stato d’ipertensione dove in particolare l’aponeurosi e le interfacce muscolo-tendine e tendineosso ne vengono a soffrire in maniera cronica. Pertanto, un trigger point localizzato nel centro di un muscolo può originare dolore all’estremità del muscolo e all’inserzione del tendine. I sarcomeri coinvolti sono come incollati e incapaci di rilassamento spontaneo, diventa quindi necessario un intervento di tipo meccanico per interrompere la contrazione parossistica e la crisi energetica locale. Da tale constatazione, Janet Travell ideò un trattamento clinico che consiste nella digitopressione per mezzo delle dita, delle nocche e del gomito. Sintomatologia e diagnosi La diagnosi della sindrome miofasciale è prevalentemente clinica e si basa sulla sintomatologia riferita e l’esame obiettivo. Solitamente il dolore è proiettato dal punto trigger in