100% Fitness Mag - Anno VI Giugno 2012 | Page 15

SCOPERTE SCIENZA ALIMENTAZIONE GLI OMEGA 3 FANNO BENE AL CORPO E ALL’UMORE Ai già noti effetti salvacuore e antinfiammatori, si aggiungono ora i benefici sullo stato d’animo e sull’atteggiamento mentaleAbbiamo imparato, in questi ultimi anni, quanto siano importanti gli ormai famosi “Omega 3”, i cosiddetti grassi buoni dalle mille funzioni benefiche per l’organismo. Ma ora nuovi studi scientifici ce ne svela un’altra proprietà inattesa: alte quantità di questi acidi grassi essenziali si sono dimostrate in grado di influire sull’umore. In che modo? Aumentando il volume di zone del cervello collegate alla gestione delle emozioni, che nelle persone depresse o con disturbi del comportamento risultano invece ridotte. Lo dimostrano alcune sperimentazioni effettuate all’università di Pittsburgh (Usa), appena presentate durante il meeting annuale dell’American Psychosomatic Society, che si è tenuto a Budapest (Ungheria). Ma cosa sono esattamente gli Omega 3? Quali benefici forniscono all’organismo? E soprattutto, dove si trovano? Procediamo con ordine. Gli Omega 3 sono una famiglia di acidi grassi polinsaturi di cui fanno parte l’acido eicosapentaenoico (che nelle etichette alimentari compare con la sigla EPA) e l’acido docosaenoico (sigla: DHA). Si tratta di acidi grassi essenziali, cioè che il nostro organismo non produce da solo, ma che devono essere introdotti con l’alimentazione. Attenzione, però, a non commettere l’errore di considerarle sostanze “dietetiche”, perché il loro apporto calorico è uguale a quello degli altri grassi. Ecco il motivo: i grassi polinsaturi, a differenza di quelli saturi, aiutano a stabilizzare il livello di colesterolo nel sangue e talvolta ad abbassarlo. Recenti studi hanno dimostrato che l’assunzione regolare di Omega 3 previene i disturbi cardiovascolari, combatte l’ipertensione, è utile nella terapia dell’artrite e di altri problemi infiammatori, viene considerata un valido supporto nella cura della psoriasi e di altre patologie cutanee. Senza contare gli effetti positivi sulla microcircolazione (utile per cellulite ed edemi) e sulla risposta immunitaria e antinfiammatoria in caso di ferite e infezioniDove si trovano, quanto assumerne Per sfruttare al meglio i benefici degli Omega 3, il trucco è semplice: basta consumare dalle due alle tre porzioni settimanali di pesce, in particolare sgombro, salmone, merluzzo, pesce spada, tonno, trota, sardina e aringa, (possibilmente cotto al vapore o alla griglia), e mangiare spesso anche cereali, noci, e legumi. Esistono, inoltre, in commercio degli alimenti a cui gli acidi grassi polinsaturi sono stati aggiunti come supplemento alla composizione originaria. Ne sono un esempio il latte arricchito in Omega 3 o le uova addizionate della stessa sostanza. L’importante è leggere sempre con attenzione l’etichetta che deve riportare l’esatta composizione del cibo, comprese le integrazioni. SALUTE CURIOSITÀ AllAttalo al seno, non sarà obeso Le probabilità che il bambino sarà un adolescente sovrappeso sono inferiori anche del 49% Oltre all’attività fisica e a stili di vita corretti, c’è un terzo elemento chiave che contribuisce notevolmente a ridurre il rischio di obesità infantile: l’allattamento al seno. Sì, perché taglia di molto le probabilità che il piccolo, crescendo, diventi un adolescente in grave sovrappeso. Meglio il seno del biberon. Secondo lo studio dell’università Flinders di Adelaide (in Australia), condotto dalla docente di nutrizione e dietetica Jane Scott, i neonati allattati al seno per 6 mesi o più, a 16 anni hanno una probabilità del 36% inferiore di essere in sovrappeso, e del 49% inferiore di essere obesi, rispetto ai coetanei allattati con il biberon: un’ulteriore dimostrazione che i benefici dell’allattamento al seno si estendono ben oltre l’infanzia. Il motivo. Una spiegazione probabile, sostiene Scott, è che l’allattamento al seno è guidato dal neonato, mente quello col biberon è guidato dalla madre. Nel primo caso, se il bebè non ha più fame smette, mentre con la formula le madri insistono finchè il piccolo non finisce la bottiglia. “Insegnano al bebè a sopprimere l’abilità innata a smettere quando è sazio”, spiega la studiosa. Lo studio. Lo studio ha esaminato i casi di 2066 bambini e adolescenti di età fra 9 e 16 anni, il 90% dei quali erano stati allattati al seno. Mentre il 45% di questi erano stati allattati al seno ancora a sei mes