SCOPERTE
SCIENZA
ALIMENTAZIONE
GLI OMEGA 3 FANNO BENE AL
CORPO E ALL’UMORE
Ai già noti effetti salvacuore e antinfiammatori, si aggiungono ora i
benefici sullo stato d’animo e sull’atteggiamento mentaleAbbiamo imparato, in questi ultimi anni, quanto siano importanti gli ormai famosi
“Omega 3”, i cosiddetti grassi buoni dalle mille funzioni benefiche
per l’organismo. Ma ora nuovi studi scientifici ce ne svela un’altra
proprietà inattesa: alte quantità di questi acidi grassi essenziali si
sono dimostrate in grado di influire sull’umore. In che modo? Aumentando il volume di zone del cervello collegate alla gestione delle
emozioni, che nelle persone depresse o con disturbi del comportamento risultano invece ridotte. Lo dimostrano alcune sperimentazioni
effettuate all’università di Pittsburgh (Usa), appena presentate durante il
meeting annuale dell’American Psychosomatic Society, che si è tenuto
a Budapest (Ungheria).
Ma cosa sono esattamente gli Omega 3? Quali benefici forniscono
all’organismo? E soprattutto, dove si trovano? Procediamo con ordine. Gli Omega 3 sono una famiglia di acidi grassi polinsaturi di cui
fanno parte l’acido eicosapentaenoico (che nelle etichette alimentari
compare con la sigla EPA) e l’acido docosaenoico (sigla: DHA). Si tratta
di acidi grassi essenziali, cioè che il nostro organismo non produce da
solo, ma che devono essere introdotti con l’alimentazione. Attenzione,
però, a non commettere l’errore di considerarle sostanze “dietetiche”,
perché il loro apporto calorico è uguale a quello degli altri grassi. Ecco
il motivo: i grassi polinsaturi, a differenza di quelli saturi, aiutano a
stabilizzare il livello di colesterolo nel sangue e talvolta ad abbassarlo.
Recenti studi hanno dimostrato che l’assunzione regolare di Omega 3 previene i disturbi cardiovascolari, combatte l’ipertensione, è
utile nella terapia dell’artrite e di altri problemi infiammatori, viene
considerata un valido supporto nella cura della psoriasi e di altre
patologie cutanee. Senza contare gli effetti positivi sulla microcircolazione (utile per cellulite ed edemi) e sulla risposta immunitaria e
antinfiammatoria in caso di ferite e infezioniDove si trovano, quanto
assumerne
Per sfruttare al meglio i benefici degli Omega 3, il trucco è semplice:
basta consumare dalle due alle tre porzioni settimanali di pesce,
in particolare sgombro, salmone, merluzzo, pesce spada, tonno,
trota, sardina e aringa, (possibilmente cotto al vapore o alla griglia), e mangiare spesso anche cereali, noci, e legumi.
Esistono, inoltre, in commercio degli alimenti a cui gli acidi grassi
polinsaturi sono stati aggiunti come supplemento alla composizione
originaria. Ne sono un esempio il latte arricchito in Omega 3 o le uova
addizionate della stessa sostanza. L’importante è leggere sempre con
attenzione l’etichetta che deve riportare l’esatta composizione del cibo,
comprese le integrazioni.
SALUTE
CURIOSITÀ
AllAttalo al seno,
non sarà obeso
Le probabilità che il bambino
sarà un adolescente sovrappeso
sono inferiori anche del 49%
Oltre all’attività fisica e a stili di vita
corretti, c’è un terzo elemento chiave che contribuisce notevolmente a
ridurre il rischio di obesità infantile:
l’allattamento al seno. Sì, perché taglia di molto le probabilità che il
piccolo, crescendo, diventi un adolescente in grave sovrappeso.
Meglio il seno del biberon. Secondo lo studio dell’università Flinders
di Adelaide (in Australia), condotto
dalla docente di nutrizione e dietetica Jane Scott, i neonati allattati
al seno per 6 mesi o più, a 16 anni
hanno una probabilità del 36% inferiore di essere in sovrappeso, e del
49% inferiore di essere obesi, rispetto ai coetanei allattati con il biberon: un’ulteriore dimostrazione che
i benefici dell’allattamento al seno
si estendono ben oltre l’infanzia.
Il motivo. Una spiegazione probabile, sostiene Scott, è che l’allattamento al seno è guidato dal
neonato, mente quello col biberon
è guidato dalla madre. Nel primo
caso, se il bebè non ha più fame
smette, mentre con la formula le
madri insistono finchè il piccolo
non finisce la bottiglia. “Insegnano
al bebè a sopprimere l’abilità innata
a smettere quando è sazio”, spiega
la studiosa.
Lo studio. Lo studio ha esaminato i
casi di 2066 bambini e adolescenti
di età fra 9 e 16 anni, il 90% dei
quali erano stati allattati al seno.
Mentre il 45% di questi erano stati
allattati al seno ancora a sei mes