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AVERE UN CANE FA BENE
AL CUORE.
Gli animali domestici proteggono da problemi
cardiaci e da altre malattie
Non è solo questione di compagnia, di relax, di serenità. Avere un cane
in casa fa bene all’organismo, protegge dalle malattie. In particolare,
difende il cuore, evitando che i problemi coronarici possano metterci a
rischio più di quanto già non fanno. Chi possiede un cane e soffre di
disturbi alle coronarie, infatti, vive più a lungo di chi non lo ha. Lo dimostra uno studio condotto da esperti della Kitasato University Graduate
School of Medical Sciences di Kanagawa (in Giappone), pubblicata
sulla rivista scientifica “American Journal of Cardiology”. L’indagine ha
puntato a valutare se il possesso di un cane o anche di un gatto fosse in
grado di modulare gli squilibri dell’attività nervosa autonoma cardiaca
nei pazienti con patologie correlate allo stile di vita: per esempio il
diabete mellito, l’ipertensione e l’iperlipemia. Sono stati coinvolti, con
analisi e interviste, 191 pazienti con età media di circa 70 anni, divisi
in proprietari e non proprietari di animali domestici. Nei proprietari si
è rilevata una maggiore variabilità del ritmo cardiaco rispetto a chi non
ha un animale in casa: in pratica, il cuore di chi ha abitualmente a che
fare con animali domestici è maggiormente in grado di rispondere a
situazioni diverse, come ad esempio agli eventi stressanti. Il possesso
di un animale dunque, secondo gli autori dello studio, può essere considerato un modulatore indipendente degli squilibri dell’attività nervosa
autonoma cardiaca. “Probabilmente gli animali svolgono un ruolo di
sostegno sociale”, dicono gli esperti, “aiutano cioè a ridurre lo stress e
possono soddisfare alcune esigenze di compagnia”.
Lavorare
full time fa
ingrassare
È quanto emerge da una ricerca
dell’australiana Monash University
pubblicata sulla rivista scientifica
“International Journal of Obesity”.
Lo studio, guidato dalla dottoressa Nicole Au del Centre for Health
Economics dell’ateneo australiano,
ha esaminato l’impatto delle posizioni lavorative e del numero di
ore lavorate in relazione al peso
delle donne, rilevando che chi
ha lavorato più di 35 ore alla settimana rischia maggiormente di
prendere chili. Su 9276 donne di
età compresa tra i 45 e i 50 anni
presenti sull’Australian Longitudinal
Study of Women’s Health dal 1996
al 1998, il 55% ha preso peso nel
giro di due anni. In media le donne hanno acquisito l’1,5% del loro
peso iniziale, ma in alcuni casi l’aumento di peso è molto più evidente.
Le cause La dottoressa Au attribuisce l’aumento di peso al maggiore
numero di ore lavorate, poiché questo tempo viene sottratto a quello
dedicato a mantenersi in forma e
in salute. “Oltre il 60% degli adulti
australiani sono ormai sovrappeso o
obesi”, ha aggiunto la ricercatrice,
“e questo rappresenta un serio problema di salute pubblica”. Inoltre,
secondo la dottoressa Au, orari di
lavoro prolungati possono ridurre il
tempo da dedicare alla preparazione di pasti cucinati in casa, all’esercizio fisico e al sonno, che sono
tutti fattori di rischio per l’obesità. E
più aumentano le ore dedicate al
lavoro più aumentano i rischi: le
donne che lavorano oltre 49 ore
a settimana sono più propense a
fumare e consumare alcolici nel
65% dei casi e di non svolgere alcune atività fisica per il 36%.
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