S
alute & Benessere
PSICOLOGIA
maggiore informazione, ma non sempre le conoscenze
teoriche sono applicate dai ragazzi all’esperienza, soprattutto quando quest’ultima è carica di emotività, inibizioni
ed aspettative. “Gravidanza indesiderata” è un’espressione
del tutto inadeguata dal punto di vista psicologico.
Queste gravidanze sono in realtà desiderate inconsciamente ma non volute. Ogni gravidanza occupa un posto e
non è mai frutto del caso. Nel caso di IVG (interruzione
volontaria gravidanza) si cancella non il bambino (che ha
già un’esistenza propria nella testa della madre) bensì la
gravidanza e con essa l’atto di diventare madre. Il progetto
è quello di arrestare un movimento che è in marcia verso una condizione indesiderata. Un’interruzione di gravidanza è certo volontaria, ma involontaria dal punto di
vista psicologico. Sono molti i casi in cui la ragazza, spesso
dietro consiglio di un terzo (nella maggioranza dei casi si
tratta dei genitori), giudica ragionevole interrompere la
gravidanza pur avendo in testa il pensiero che avrebbe potuto tenere il bambino. L’atto di interruzione di una gravidanza permette di far tornare il feto nel nulla, ma è un
nulla solo dal punto di vista ontologico perché continuerà
a vivere nella memoria dei suoi genitori. Si è inserito nella
loro storia come persona dotata di un’identità psichica.
Nel mondo immaginario della ragazza incinta, la paura
del parto è molto diffusa ed il progresso scientifico che
pretende di essere rassicurante non sempre riesce a placare questa paura. Si tratta di timori legittimi legati alla
tensione del dover raggiungere lo status ideale di madre
perfetta che farà un figlio perfetto. La tensione non è solo
personale, ma anche familiare e sociale.
Nascere madre e mettere al mondo un bimbo sono due
eventi che hanno temporalità diverse. Lavorando solo sulla nascita del bambino, sulle tecniche di prevenzione che
ruotano intorno a lui, si rischia di privarlo della madre.
E’ illusorio e riduttivo pensare che la maternità si limiti
al concepimento del bambino ed immaginare la procreazione al di fuori di un qualsiasi pensiero materno. Un
bambino non può nascere vivo e sano
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fisicamente e psicologicamente se non è stato portato nella mente dei suoi genitori e dei suoi cari. Un bambino può
nascere solo dopo la nascita della maternità della madre.
Prendersi cura della nascita significa prendersi cura della nascita del bambino e della madre. Il bambino deve
nascere dalla testa del genitore e poi essere portato con
continuità nei pensieri parentali.
Aspettare un bambino significa poterlo pensare nella
continuità. L’attesa di un bambino è di natura fisica ma
anche psichica. Prendersi cura di una madre significa
parlare alle madre, sostenerla nell’espressione di un dire
emotivo nuovo. La nascita di un figlio per una madre è
complessa e attraversata da “rinunce”: rinuncia al proprio
spazio esclusivo di persona, al proprio status unico rispetto al compagno, allo sguardo dei propri genitori modificato dalla condizione di madre fissata definitivamente
dall’arrivo del bambino.
Per capire invece l’immaginario dei giovani padri dobbiamo rifarci al mito di Zeus e Metis: “L’oracolo annunciò
che Metis avrebbe avuto un figlio da Zeus che avrebbe
spodestato il padre. Allora Zeus divorò Metis incinta.
Qualche mese dopo ebbe forti mal di testa e venne deciso
di aprire la testa di Zeus ed uscì la dea Atena”. L’unico
nido che l’uomo può preparare per il figlio rimane la testa,
cioè la sede dei suoi pensieri, ed è dalla testa del padre
che nasce il bambino vestito dai fantasmi di potenza che
abitano il suo genitore. L’uomo