100% Fitness Mag - Anno II Marzo 2008 | Page 22

alute & & Benessere SaluteBenessere di Monica Ioviero Podologa Tendinopatia Achillea I l tendine d’Achille è il più largo e forte tendine del corpo umano. Si calcola che sia in grado di sopportare carichi che possono variare tra i 2.000 e 7.000 N; con ciò si intende che il tendine d’Achille, durante l’attività dinamica che va della corsa o alla comune passeggiata, viene caricato di un valore pari almeno 8 volte il peso corporeo. Questo inoltre rappresenta l’inserzione del tricipite surale, muscolo della gamba considerato il maggiore supinatore e stabilizzatore del retropiede. Proprio per le sue peculiarità funzionali e per le diverse sollecitazioni a cui viene sottoposto quotidianamente, il tendine D’Achille può andare incontro a diversi disordini di varia natura: la peritendinite, la tendinosi (in cui si evidenzia un cambiamento degenerativo all’interno del tendine e dove a volte può associarsi alla presenza della peritendinite) e infine, se il processo fisiopatologico continua, la rottura parziale o totale del tendine diventa pressocchè evidente. Per ciò che riguarda propriamente la cura delle tendiniti nell’ambito della terapia fisica strumentale spesso si utilizzano la ionoforesi, l’ultrasuono, il laser, la crioterapia, la tecarterapia, mentre nel campo della Podologia e Posturologia, si può scegliere tra l’utilizzo di ortesi plantare ai bendaggi funzionali (tramite taping), nonché un corretto assetto podalico seguito da congrui test statici e dinamici plantari. Prettamente in ambito podologico, la terapia ortesica (Plantare), può essere certamente considerata uno strumento terapeutico indispensabile quando si è in presenza di alterazioni biomeccaniche importanti e di una sintomatologia persistente a carico del tendine d’Achille. Per ciò che concerne l’approccio clinico al trattamento della tendinopatia achillea, è necessario valutare lo stadio evolutivo della patologia. Possiamo distinguere tre stadi evolutivi che sono: - la fase infiammatoria (0-6 giorni) - la fase proliferativi o di riparazione (5-21 giorni) - la fase di rimodellamento o di maturazione (da 22 100% Fitness Magazine 20 giorni in poi). Nella fase infiammatoria il fine è combattere lo stato di flogosi e quindi l’edema, inoltre è quello di abbassare la soglia di algia. In sintesi il primo step del percorso riabilitativo prevede, per evitare un eccessivo prolungarsi del processo infiammatorio, l’applicazione del ghiaccio (applicazioni ripetute durante il giorno per 15-20 minuti), la terapia fisica, il riposo. In secondo momento da un punto di vista podologico è consigliabile un’ortesi podalica plantare di compensazione in presenza di scompensi posturopodalici (come ad esempio una eccessiva pronazione o supinazione) e un rialzo sotto il calcagno (1-2 cm) per diminuire la tensione sul tendine achilleo. Invece da un punto di vista medico potrebbe essere utile la somministrazione di antinfiammatori per ridurre il dolore e l’infiammazione. Nella fase proliferativa o di riparazione lo scopo da perseguire è quello di attuare un mirato programma di prevenzione contro la formazione di aderenze e di atrofia a carico dei muscoli posteriori della gamba e coscia per evitare la comparsa di limitazioni articolari. La riduzione del processo di flogosi, dell’edema e l’eliminazione del dolore residuo sono considerati altri punti essenziali da raggiungere durante la fase proliferativa. Nella fase di rimodellamento o di maturazione l’obiettivo è quello di ottimizzare la guarigione del tendine (migliorando sensibilmente quella che è la forza e l’elasticità del tendine d’Achille). Ciò viene realizzato con lo sviluppo progressivo di carichi meccanici sul tendine (stretching, lavoro isometrico, concentrico ed eccentrico). Segue una corretta educazione da fare al paziente insegnandogli come evitare sovraccarichi inutili inizialmente, e dopo la fine del programma di recupero, in particolare se si tratta di uno sportivo, è di fondamentale importanza per non incorrere in recidive. Il ricorso a un approccio di tipo chirurgico, oltre ai casi di rottura tendinea, trova una sua indicazione nelle tendinopatie croniche che rimangono insensibili ad almeno 6 mesi di terapie conservative.