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SaluteBenessere
di Monica Ioviero
Podologa
Tendinopatia Achillea
I
l tendine d’Achille è il più largo e forte tendine del corpo umano. Si calcola che sia in
grado di sopportare carichi che possono variare tra i 2.000 e 7.000 N; con ciò si intende che
il tendine d’Achille, durante l’attività dinamica
che va della corsa o alla comune passeggiata, viene
caricato di un valore pari almeno 8 volte il peso
corporeo. Questo inoltre rappresenta l’inserzione
del tricipite surale, muscolo della gamba considerato il maggiore supinatore e stabilizzatore del
retropiede.
Proprio per le sue peculiarità funzionali e per le
diverse sollecitazioni a cui viene sottoposto quotidianamente, il tendine D’Achille può andare
incontro a diversi disordini di varia natura: la
peritendinite, la tendinosi (in cui si evidenzia un
cambiamento degenerativo all’interno del tendine
e dove a volte può associarsi alla presenza della
peritendinite) e infine, se il processo fisiopatologico continua, la rottura parziale o totale del tendine
diventa pressocchè evidente.
Per ciò che riguarda propriamente la cura delle
tendiniti nell’ambito della terapia fisica strumentale spesso si utilizzano la ionoforesi, l’ultrasuono,
il laser, la crioterapia, la tecarterapia, mentre nel
campo della Podologia e Posturologia, si può scegliere tra l’utilizzo di ortesi plantare ai bendaggi
funzionali (tramite taping), nonché un corretto
assetto podalico seguito da congrui test statici e
dinamici plantari. Prettamente in ambito podologico, la terapia ortesica (Plantare), può essere certamente considerata uno strumento terapeutico
indispensabile quando si è in presenza di alterazioni biomeccaniche importanti e di una sintomatologia persistente a carico del tendine d’Achille.
Per ciò che concerne l’approccio clinico al trattamento della tendinopatia achillea, è necessario
valutare lo stadio evolutivo della patologia. Possiamo distinguere tre stadi evolutivi che sono:
- la fase infiammatoria (0-6 giorni)
- la fase proliferativi o di riparazione (5-21 giorni)
- la fase di rimodellamento o di maturazione (da
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20 giorni in poi).
Nella fase infiammatoria il fine è combattere lo
stato di flogosi e quindi l’edema, inoltre è quello
di abbassare la soglia di algia.
In sintesi il primo step del percorso riabilitativo
prevede, per evitare un eccessivo prolungarsi del
processo infiammatorio, l’applicazione del ghiaccio (applicazioni ripetute durante il giorno per
15-20 minuti), la terapia fisica, il riposo. In secondo momento da un punto di vista podologico è
consigliabile un’ortesi podalica plantare di compensazione in presenza di scompensi posturopodalici (come ad esempio una eccessiva pronazione
o supinazione) e un rialzo sotto il calcagno (1-2
cm) per diminuire la tensione sul tendine achilleo.
Invece da un punto di vista medico potrebbe essere utile la somministrazione di antinfiammatori
per ridurre il dolore e l’infiammazione.
Nella fase proliferativa o di riparazione lo scopo
da perseguire è quello di attuare un mirato programma di prevenzione contro la formazione di
aderenze e di atrofia a carico dei
muscoli posteriori della gamba e coscia per evitare
la comparsa di limitazioni articolari. La riduzione
del processo di flogosi, dell’edema e l’eliminazione
del dolore residuo sono considerati altri punti essenziali da raggiungere durante la fase proliferativa. Nella fase di rimodellamento o di maturazione
l’obiettivo è quello di ottimizzare la guarigione del
tendine (migliorando sensibilmente quella che è la
forza e l’elasticità del tendine d’Achille). Ciò viene realizzato con lo sviluppo progressivo di carichi
meccanici sul tendine (stretching, lavoro isometrico, concentrico ed eccentrico). Segue una corretta educazione da fare al paziente insegnandogli
come evitare sovraccarichi inutili inizialmente, e
dopo la fine del programma di recupero, in particolare se si tratta di uno sportivo, è di fondamentale importanza per non incorrere in recidive. Il
ricorso a un approccio di tipo chirurgico, oltre ai
casi di rottura tendinea, trova una sua indicazione
nelle tendinopatie croniche che rimangono insensibili ad almeno 6 mesi di terapie conservative.