Salute & Benessere
antepone costantemente l’interesse
al dovere, facendo di questo «modus
operandi» una vera e propria regola
comportamentale, sta nel trattare
l’altro, il proprio simile, esclusivamente come mezzo.
Chi antepone il dovere all’interesse
regola il proprio agire sull’ordine
naturale, applica di fatto la norma
di solidarietà umana e di fratellanza
espressa con tanta linearità nel Vangelo, pur pieno «di cose incredibili»,
tanto disattesa dai comportamenti
umani.
Assumendo l’ordine naturale come
norma di condotta, l’uomo non
ha bisogno di templi o altari: tutto sgorga limpido, come acqua da
fonte, dall’agire trasparente, non
fraudolento. «Se è vero che il bene
è bene, deve esserlo fino in fondo ai
nostri cuori come nelle nostre opere,
e la prima ricompensa alla giustizia
sta nel sentire che la si pratica».
Quale insegnamento per i nostri politici e per noi tutti. Esempio tipico
di legislatore saggio e virtuoso è Licurgo che abdica alla dignità regale,
si spoglia dell’interesse personale,
compiendo con il suo gesto una palese azione di utilità pubblica. Egli
avverte alto il senso di appartenenza
alla comunità nel cui interesse opera; è uomo virtuoso giacché insegna
la virtù praticandola, intendendola
come «rinuncia a sé», secondo la
definizione che ne dà Montesquieu,
in quanto «ogni uomo è virtuoso
quando la sua volontà particolare è
conforme in tutto alla volontà gene-
rale, e noi vogliamo di buon grado
ciò che vogliono quelli che amiamo».
Plutarco in Detti memorabili degli
Spartani, racconta che il Lacedemone Pedarete si presenta per essere
ammesso al Consiglio dei Trecento
e ne è respinto: egli se ne ritorna
tutto contento, poiché ha trovato a
Sparta trecento uomini che valgono
più di lui. Io suppongo questa sua
manifestazione sincera; e c’è motivo
di crederla tale: ecco il cittadino.
A questo punto urge una precisazione, quello che avete letto fin qui
non è farina del mio sacco, seppur
così attuali, sono le parole il pensiero di un grande pensatore: Jean
Jacques Rousseau che vi esorto a
leggere, qualsiasi sua opera, senza fretta. È ovvio che sposo quasi
totalmente il pensiero del grande
ginivrino anche se i miei miti sono
più attuali: Mazzolari, Rossetti, La
Pira, Lazzati, Milani. Dalle citazioni risulta evidente che per me
il pensiero politico deve diventare
attualizzazione della propria fede,
per me cristiana, ma valida quella di
ognuno che, in buona fede, crede e
lotta per i propri ideali. Certo il mio
ideale di politico è un po’ fuori dagli schemi ma sull’onda del periodo
post-pasquale vi dirò come dovrebbe essere il politico ideale, dovrebbe
essere modellato sull’esempio del
“Buon Pastore”.
A quanti hanno sbandierato promesse, a quanti hanno detto di avere
a cuore il nostro destino, a quanti
hanno fatto sentire qualcuno importante perché, una tantum, gli hanno
stretto la mano, a tutti, senza distinzione di stemma o di colore, molto
provocatoriamente chiederei: «Se
foste dei pastori, restereste tranquilli
se una delle vostre pecore mancasse
all’appello?». Credo di no, e avreste
delle buone motivazioni. La pecora
è priva di senso dell’orientamento.
Il piccione viaggiatore una volta
liberato ritorna sempre a casa: anche se avesse viaggiato in una scatola senza vedere il percorso seguito
all’andata, riuscirà sempre a ritrovare la strada di casa.
Ma la pecora si perde. La pecora, infatti, è miope, non vede oltre i 4 - 6
metri. Ecco perché se si perde non
riesce più a ritornare. Ma la pecora
sa di essersi smarrita e sente tutta
la disperazione della sua condizione. Però non sa ritornare all’ovile. È
necessario, quindi, che sia il pastore ad andare a cercarla. Nell’antico
oriente, durante la bella stagione,
quando si andava lontano in cerca
dei pascoli migliori, spesso in alto,
dove l’erba non era ancora bruciata
dall’estate, il pastore dormiva con le
sue pecore e si metteva all’ingresso
dell’ovile, davanti alla porta: così le
pecore non potevano uscire o un
ladro o un animale feroce entrare,
senza passare sul suo corpo. Il pastore amava le sue pecore. Una volta
un pastore evangelico, un ministro
di culto, visitò la Palestina e volle
parlare con un pastore di pecore,
cioè il proprietario di un gregge.
“Quante ne hai?” gli chiese, “Non
lo so - gli rispose quello - non so
contare”. “Ma come fai a sapere se
te ne manca qualcuna?” “Credi che
non mi accorga che manca la faccia di una delle mie pecore?” Quel
pastore amava le sue pecore, e come
una madre riconosceva il volto di
ognuna di loro, le conosceva una ad
a una. Il buon pastore non pensa in
termini statistici, ma pensa alla relazione, alla persona.
Ad maiora!
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