grande veniva quotidianamente offerto ai frati serviti (o
servi di Maria) di S. Maria della Scala. Infatti, da un registro
dell’Archivio di quel convento apprendiamo che, dal palaz-
zo scaligero, giungevano ogni giorno, 18 pani ed una galeda
di vino 46) .
Le cronache dell’epoca riferiscono, inoltre, di numero-
se riunioni conviviali nelle quali il signore invitava a palaz-
zo gli ospiti dopo una cavalcata o una partita di caccia nei
dintorni della città. Le mense scaligere offrivano, assieme
alla selvaggina, anche l’ottimo pesce dell’Adige, delle
peschiere di Montorio o quello pescato nelle profonde e
limpide acque del Garda: alle squisite trote ed ai carpioni il
vino bianco di Bardolino o di Soave aggiungeva un tocco
davvero magico!
Per la cacciagione veniva invece servito il vino rosso e
profumato della Valpolicella, «morbido come un velluto lim-
pido, con una vena d’amaro, che si produceva con uve pigia-
te a Natale quando gli acini erano quasi passiti e si lasciava
fermentare nelle botti di rovere al buio delle cantine profon-
de e quiete: vino lodato fin dall’età di Catullo» 47) .
Vasta era la cucina con grandi forni per la cottura del
pane di casata che a Dante, abituato all’insipido pane tosca-
no, poteva sembrare di certo troppo salato 48) . Nelle dispense
Sancassani G., Documenti in “Dante a Verona” per il VII Centenario della
nascita, in “Catalogo della mostra”, Museo di Castelvecchio, Verona 1965.
46)
47)
Carrara M., Gli Scaligeri, Milano 1966, p. 133.
«Tu proverai sì come sa di sale / lo pane altrui, e come è duro calle /
lo scendere e ’l salir per l’altrui scale» (Paradiso, Canto XVII, 58-60).
Nelle parole di Cacciaguida, antenato di Dante, c’è l’allusione all’esilio
del Poeta a Verona, esilio ribadito anche nella terzina 70-72: «Lo primo
tuo refugio, il primo ostello / sarà la cortesia del gran Lombardo / che ’n
su la scala porta il santo uccello». (Lo stemma degli Scaligeri recava una
scala con sopra l’aquila imperiale).
48)
41