seguito all’aumentato commercio del vino verso i Grigioni, si
menzionano varietà quali la Pignola, la Berzemina, la Bressa-
na o Pagana, la Rossola dura.
Nel ’700 e fino all’inizio dell’800 in questa valle si colti-
vavano circa cinquemila ettari di vigneto e fra le uve spicca-
vano la Chiavennasca 39) , che produceva il vino migliore, le
Bersane o Balsamine, la Rossola, le Brugnole o Prugnole,
usate anche come uve da tavola, le Bresciane (o Schiave),
assai produttive ma di difficile maturazione.
Nel corso del XIX secolo, a causa delle numerose anna-
te fredde con forti brinate e, in seguito, anche per il soprag-
giungere delle malattie parassitarie, ci fu il crollo della pro-
duzione di uva, per cui la Società Agraria di Sondrio suggerì
ai viticoltori di puntare su varietà più zuccherine, come la già
citata Chiavennasca, la Pignola e la Rossola dura, limitando
il reimpianto della Brugnola, Traonasca, Negrera e Merzemi-
no. Vennero invece abbandonate alcune varietà molto pro-
duttive che davano però vini poco conservabili quali la Bres-
sana, il Corvino, la Schiava, la Canina, il Monteorfano, la
Bolgera, ecc. 40) .
Attualmente, proprio come nei tempi antichi, la vite si
coltiva nello stesso ambiente di allora e cioè in terreni posti
sui fianchi soleggiati delle Alpi e sui conoidi di deiezione. Ed
è in questa fascia viticola che si notano le zone dei vini supe-
riori e di qualità. Località quali Grumello, Inferno, Sassella e
Valgella sono le stesse che contraddistinguono le produzioni
del “Valtellina superiore”, mentre i vini delle restanti zone,
L’etimologia dovrebbe essere quella di “ciù vinasca” (cioè la più adat-
ta a far vino), un vitigno identico al Nebbiolo, a cui si aggiunge, spe-
cialmente nelle zone situate più in alto, la “rossola” (cfr. AA. VV., La vite
e il vino in Lombardia, p. 18).
39)
40)
Cfr. Scienza A. - Valenti A., Vitigni, p. 17.
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