UFOCTLINE N.13 (Gen -Mar 2014) | Page 17

Pagina 17 possa essere stato il finestrino di un auto (19). Secondariamente è proprio l’esistenza della seconda foto che ci porta ad escludere del tutto l’ipotesi di un riflesso fortuito, dal momento che l’UFO raffigurato in essa (oltre che essere uno solo: il che non si accorda con l’ipotesi di Robinson di una lampada a tre luci) si presenta ben diverso da quelli visibili nella prima fotografia, pur essendo l’inquadratura pressoché uguale (il che ci lascia supporre che le due foto siano state scattate in rapida sequenza). In altre parole, un eventuale riflesso prodotto da una lastra di vetro avrebbe dovuto determinare se non il medesimo certamente un effetto ottico molto simile in entrambe le foto. Cosa che invece non è. In alternativa bisognerebbe ipotizzare che il riflesso (in questo caso i riflessi) non siano stati fortuiti ma studiati, cioè voluti dal Grasso, che potrebbe averli prodotti collocando nel punto giusto una lastra di vetro, poi fatta sparire. Ma francamente non ci sembra che sussistano i motivi per spingere il nostro ragionamento fino a sospettare un’azione così estrema e plateale da parte sua, quando avrebbe potuto ottenere lo stesso risultato in modo ben più discreto. Più verosimile ci appare invece il secondo scenario. Anche se crediamo che gli elementi di cui disponiamo siano tali da consentircene almeno una parziale modifica. Mi riferisco alla testimonianza che il giornalista Angelo Caruso, autore del servizio pubblicato dal Giornale dell’Isola, ha reso il 26 gennaio di quest’anno a Foresta e Rampulla. “No. Grasso mi disse che erano dei palloni sonda. Però è vero che pur di montare il caso sarebbe stato capace di tutto” è stata la sua illuminante risposta. Caruso si è detto all’oscuro anche del fatto che le foto di Grasso avessero in pratica fatto il giro del mondo: “Probabilmente” è stato il suo commento “le vendette. Oppure le portò in America l’ambasciatrice, che in quei giorni passò dall’aeroporto di Catania.” Considerata la nitidezza delle varie riproduzioni della foto principale pubblicata all’estero (non ultima la copertina del libro di Aimè Michel), ritengo quasi certo che Grasso riuscì a piazzare all’estero le sue fotografie, non potendo pensare che sia stata usata una stampa non di prima generazione. Del resto, in qualità di fotografo professionista ben introdotto negli ambienti giornalistici (anche se rimane da appurare se fosse effettivamente “corrispondente della United Press”) la cosa non dovette risultargli difficile. Quest’ultimo aspetto della vicenda è tuttavia rimasto poco chiaro, anche a causa dei tanti anni ormai trascorsi, che rendono un po’ confusi i ricordi di Caruso. Certamente dell’ambasciatrice egli non avrebbe parlato se non fossimo stati noi a tirarla in ballo per cercare di chiarire quale ruolo potesse aver avuto in questo affare. Così come sempre su nostra precisa domanda, Caruso ha anche smentito che sulla scena sia intervenuto alcun caccia dell’Aeronautica Militare Italiana. La mia ipotesi La testimonianza di Caruso Secondo quanto raccontatoci, Caruso apprese dell’avvistamento direttamente dal Grasso, allorché questi lo chiamò nel pomeriggio del 19/11/54 per proporgli le fotografie che aveva scattato. Caruso non si meravigliò di questo fatto, poiché Grasso “me ne passava tante. Era per così dire specializzato in foto strane: tipo quello che respirava con gli occhi o quell’altro che fumava con le orecchie”. Tuttavia nel vedere le foto in questione, Caruso rimase un po’ perplesso e decise di recarsi sul posto per verificare l’accaduto e raccogliere magari qualche altra testimonianza. E come era solito fare portò con sé Giuseppe Di Giorgio, uno dei fotografi del giornale. Fu infatti questi che scattò le foto alla figlia dei Carnabuci ed all’altro anziano pescatore, così come pure quella in cui le due guardie di finanza mostrano l’involucro sgonfio del pallone sonda recuperato “ridotto ad un doppio velo di cipolla dalle vaste dimensioni, ma dal peso si e no di centro grammi”. Quest’ultima foto in particolare fu scattata presso il Comando della Guardia di Finanza di Santa Teresa Riva (ennesimo paesino del litorale taorminese) dove a conclusione dell’incontro, senza che lo chiedesse, il maresciallo Q