Tuttomondo 2018 Intolleranza | Page 33

N. 6 - Intolleranza

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contatto con i cibi impuri costringe i musulmani a complicate opere di purificazione. Non so se avete mai incontrato dei musulmani in una panetteria che, fra lo stupore degli addetti al bancone, cercano “pane senza maiale”! In realtà cercano solo del pane prodotto senza strutto.

Nella Sura Al Baqarah 2:168 si legge: «Oh uomini, mangiate ciò che è lecito e buono, non seguite le orme di Satana, poiché egli è nemico dichiarato per voi».

Per i pesci vigono proibizioni simili a quelle ebraiche, anche qua code e squame fanno la differenza e quindi neppure la cucina musulmana accetta cozze, vongole, aragoste e astici, ma neppure i moscardini. Nell’Islam si può mangiare la mucca, la pecora e la capra, e anche il cammello, mentre sono proibiti cavalli, muli e asini, probabilmente per l’importanza che avevano per la vita della comunità: il mulo trasportava uomini e cose, e girava la ruota del pozzo, mentre il cavallo serviva in battaglia. L’Islam ammette però, in caso di pericolo di vita, la possibilità di nutrirsi con alimenti proibiti perché grande è la Misericordia di Allah: basta non essere spinti da voglia o brama, ma solo da necessità estrema. La macellazione della carne si svolge secondo regole simili a quelle ebraiche, solo che l’animale deve avere il muso rivolto verso la Santa Ka’baa, e si deve pronunciare il santo nome di Allah nel momento del taglio.

Inoltre sono dettate alcune regole di comportamento a tavola, una sorta di galateo che impone di non mangiare cibi troppo caldi, non guardare fissamente chi mangia, fare piccoli bocconi e anche non soffiare su una pietanza o una bevanda per raffreddarla.

Ma forse la più interessante regola musulmana, e per noi difficilissima da comprendere, è il mese del Ramadan, che richiama il periodo in cui Allah rivelò il Corano a Maometto: in un’immagine di grande poesia si dice che in questo periodo i cancelli del paradiso sono aperti, e chiusi quelli dell’inferno. Il Ramadan è il mese della purificazione, della preghiera e della carità: ci si deve astenere dal mangiare e dal bere dall’alba al tramonto, e dal rispetto di questa regola sono esentati solo i bambini, i malati e le donne in gravidanza e in allattamento. Non si può fumare né svolgere attività sessuale, tutto deve essere puro e vicino a Dio e alla sua parola, e solo al tramontare del sole si può tornare a ristorare i sensi.

E ora veniamo a noi, i Cattolici, che siamo forse la religione più permissiva e tranquilla in fatto di cibo. Il precetto più restrittivo che abbiamo è quello che imporrebbe di non mangiare carne ogni venerdì, inoltre il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo bisognerebbe osservare il digiuno e l’astinenza, ma penso che ormai siano molto pochi quelli che seguono rigorosamente questi precetti. Anticamente, nella religione cristiana il divieto di mangiare carne era legato soprattutto all’idea, non del tutto peregrina, che i cibi molto proteici accendessero la libido, e spingessero l’uomo a essere dominato dagli istinti, allontanandolo dalla spiritualità. La cosa che ogni cattolico dovrebbe ricordare è che il cibo che si trova sulla tavola è un dono di Dio, che per questo va ringraziato. Chi ha cinquant’anni o giù di lì ricorderà senz’altro il segno della croce che si faceva fare ai bambini prima di mangiare, e le poche parole farfugliate velocemente per la gran fame: «Dio ti ringrazio per il cibo che ci hai dato, Amen». E poi giù con le forchette!

Secondo il Vangelo di Matteo, Gesù disse parole eloquenti e molto aperte riguardo al cibo: «Non è ciò che entra nella bocca che contamina l’uomo; ma quel che esce dalla bocca contamina l’uomo… poiché dal cuore provengono pensieri malvagi, omicidi, adulteri, fornicazione, maldicenze, false testimonianze. Queste sono le cose che contaminano l’uomo; ma il mangiare senza lavarsi le mani non contamina l’uomo». Concretamente, la simbologia del pane e del vino come corpo e sangue di Cristo ha reso molto più semplice l’uso del vino, favorendo così la coltivazione della vite e indirettamente l’economia di tutta l’area mediterranea.

Se invece volete diventare Bhuddisti, ricordatevi però che dovrete rinunciare per sempre a mangiare carne. Anche se vi interessa l’Induismo sappiate che essere vegetariani è da preferire, infatti nel Manusmrti, antichissimo testo delle leggi induiste, si trovano queste parole: «Si diventa degni della salvezza quando non si uccide alcun essere vivente».

Non è semplice mescolare la religione con il cibo, l’unica cosa che mi sento di raccomandare è rispettare ogni particolarità alimentare degli altri, senza tentare di convertire nessuno. Libertà e rispetto del pensiero altrui farebbero del mondo un posto migliore.