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ottenne un successo internazionale fuori dal comune e anche in patria ebbe un esito particolarmente felice (si parla in due anni di circa un'ottantina di repliche), tanto che la denuncia fu per Šostakovič il proverbiale fulmine a ciel sereno. Ad oggi non si sa esattamente come siano andate le cose, esistono molte versioni contrastanti, ma vale la pena di riportare quella più diffusa: a seguito di questo straordinario successo, Stalin volle assistere a una recita della Lady Macbeth e ne rimase orripilato. Alcuni riportano che se ne andò all'intervallo, altri che lasciò la sala al terzo atto, altri ancora che rimase fino alla fine per dileggiare la musica di Šostakovič.

Fatto sta che dopo quella rappresentazione uscì sulla Pravda («la verità», l'organo di stampa ufficiale del Partito Comunista sovietico) un articolo intitolo «Caos invece di musica», in cui l'opera di Šostakovič veniva letteralmente demolita e - per sommo spregio - il nome dell'autore non compariva neppure.

La stroncatura non era firmata e nemmeno in data odierna sappiamo con certezza chi ne sia autore; è certo, comunque, che dietro ci sia Stalin: forse la scrisse lui stesso (capitava sovente che fosse proprio il leader dell'Unione Sovietica a scrivere recensioni, specie se di spettacoli a lui non graditi, in forma anonima), forse incaricò qualcuno di farlo, sta di fatto che la stroncatura fu un duro colpo per Šostakovič che si vide cancellare l'opera dai cartelloni teatrali. A seguito di questo primo attacco anche altri suoi lavori furono duramente criticati, tra cui il Concerto n. 1 per pianoforte, tromba e orchestra d'archi.

Parallelamente la situazione si fece sempre più preoccupante: il generale Michail Nikolaevič Tuchačevskij, protettore di Dmitrij, il regista Vsevolod Ėmil'evič Mejerchol'd, che lo scelse per comporre le colonne sonore di alcuni dei suoi film, e il musicologo Nikolaj Sergeevič Žiljaev, che aveva spesso sostenuto Šostakovič nelle sue recensioni, furono uccisi assieme alle rispettive famiglie nel corso delle "purghe" staliniste.

In aggiunta a questo, la Lega dei Compositori richiamò formalmente Šostakovič chiedendogli di «tornare sulla retta via», ossia di adeguarsi maggiormente alle linee guida imposte dal partito e dal realismo socialista. In questo clima si andava avvicinando la première del suo nuovo lavoro, la Sinfonia n. 4 in do minore: a seguito dell'incontro colla Lega dei Compositori e - soprattutto - temendo di fare la fine di molti dei propri amici, Šostakovič ritirò il brano. Al suo posto, ossia nel novembre 1937, fece eseguire un lavoro scritto appositamente per l'occasione, la Sinfonia n. 5 in re minore, con l'eloquente sottotitolo «risposta ad una giusta critica».

Questa monumentale Sinfonia, tra le più eseguite attualmente tra quelle di Šostakovič, ricevette un'ovazione da parte del pubblico della durata - così si dice - di mezz'ora. Alcuni critici sottolinearono la forte discontinuità tra il carattere cupo e tormentato dell'opera con il trionfale finale in re maggiore. A questa osservazione, Šostakovič rispose: «Mi è stato detto che lo stile del movimento è diverso da quello degli altri tre. Mi sento di smentire. In conformità con l'idea principale dell'intera opera, il finale risponde a tutte le domande sorte nei precedenti tempi [...]. Questo finale dà una risposta ottimista ai momenti tragici che troviamo nei precedenti tempi della sinfonia».

Eppure è vero: il finale ottimista e glorioso è totalmente fuori luogo e forzato, sforzato; naturalmente Šostakovič sapeva che questa era la verità e, dietro la risposta "ufficiale", ne diede una seconda ben più sincera: «Di cosa si dovrebbe giubilare. Ritengo sia chiaro quel che accade veramente nella Quinta. Il giubilo è forzato, è frutto di costruzione[...]. È come se qualcuno ti picchiasse con un bastone e intanto ti ripetesse: "Il tuo dovere è di giubilare, il tuo dovere è di giubilare". E tu ti rialzi tremante con le ossa rotte e riprendi a marciare bofonchiando: "Il nostro dovere è di giubilare, il nostro dovere è di giubilare"».

Šostakovič si riabilitò così agli occhi del partito, ma durò poco. Nel 1938 iniziò a girare voce che la sua prossima sinfonia sarebbe stata dedicata a Lenin (cosa che invece sarebbe accaduto solo molto più avanti, colla Sinfonia n. 12 ), invece la Sinfonia n. 6 in si minore fu qualcosa di molto strano: corta, di soli tre movimenti, ricca di citazioni di Verdi, Rossini, Mozart e dello stesso Šostakovič. Non incontrò molto il gusto né del pubblico né dei colleghi della Lega dei Compositori, che prevedibilmente lo accusarono di formalismo.

Allo scoppio della guerra la situazione mutò notevolmente: se prima Šostakovič si era sempre tenuto al limite (per non dire allontanato) dalle linee guida imposte dal partito, con l'avvento della Seconda Guerra Mondiale iniziò a comporre un nuovo tipo di musica, che esaltasse la patria e la lotta al Fascismo e al Nazismo.