molto importante avere questa
duplicità nella mia vita e nel disco:
la Colombia, la natura ma anche
la parte più elettronica che rappre-
senta la mia casa, la mia parte più
europea, la mia mamma. Per me
si tratta di un disco importante
perché mi sento molto cresciuta a
livello personale di esperienza e di
vita. A prescindere dalla musica,
che poi il disco piaccia o meno.
Scriverai mai in italiano?
Probabilmente scriverò in italia-
no: la lingua non dev’essere limite.
Non dovrei dire: “Voglio scrivere
soltanto in inglese”. Ho fatto que-
sto pezzo in spagnolo (Azul, ndr)
proprio perché volevo far emerge-
re di più il tango. Vorrei che fos-
se la comunicazione ad arrivare,
piuttosto che il limite della lingua,
che poi non è un limite perché
la nostra è una lingua stupenda.
Il giorno che scriverò in italiano
sarò molto felice. Ma non la vivo
come una pressione, cioè che devo
iniziare a cantare in italiano per
forza.
E uno dei modelli potrebbe esse-
re Calcutta...
Stimo molto Calcutta, così come
mi piace molto come scrive Co-
lapesce, ci
sono diversi
artisti ita-
liani che re-
puto molto
validi nella
scrittura e
che hanno
creato uno
stile e han-
no dato vita
a un proprio
movimento.
Hai dichia-
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rato che se potessi scegliere qual-
cuno con cui collaborare pense-
resti a Robert Plant
Sì! Oppure Paul McCartney... Ho
iniziato mitizzando i Led Zep-
pelin. Io non avevo particolari
riferimenti, i miei genitori non
sono mai stati appassionati di mu-
sica tanto da inculcarmi qualco-
sa. Però la mia vicina si casa, che
era anche la mia baby sitter, che
ascoltava i Led Zeppelin tutti
i giorni, io avevo 11 anni e ho
iniziato ad assorbirli. Poi già
strimpellavo un po’ la chitarra
e suonavo cose minori o anni
Novanta, e volevo diventare
Jimmy Page! Poi i miei ascol-
ti sono cambiati tantissimo.
Tanto che a volte mi chiedo:
“Ma mi piace quello che fac-
cio?” Ci sono cose che ti esco-
no nonostante i tuoi ascolti
siano diversi. Quindi non è
più una questione di genere,
ma piuttosto: sto raccontando
qualcosa e a me viene fuori in
questo modo qua. “Vestito” e
produzione sono un’altra cosa.
Ma io in definitiva non posso
essere i Led Zeppelin, o qualche
altro cantante che stimo e amo.
Devo trovare quello che sono io.
A volte combatti con i “mostri”
interni, ti dici: “Questa canzone
è troppo pop”, ma poi capisci che
devi accettare che ci sia la canzone
più pop, quella con più chitarra,
con meno parole. Devi a ccettare
te stesso e lavorare per migliorare.
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