Una delle tracce che mi ha emo-
zionata di più è Ti reggo al ballo
le mani. Emozionante la storia,
vibrante la musica. Ci racconti la
storia di questo brano?
Sono contento che ti sia arrivata.
Per me è stata una prova di co-
raggio, un piacevole schiaffo. Ti
reggo al ballo le mani è il pezzo
più vicino alle sonorità di Fabrizio
De André, con una melodia che
ri-corda Disamistade. Il protago-
nista è un uomo solo in una stan-
za d’attesa che immagina il suo
perso-nale ballo con la mamma.
Con questo ballo le chiede perdo-
no per tutto il tempo in cui è stato
assente.
Parliamo di influenze: si ricono-
sce l’influenza dei grandi cantau-
tori, ma con aspetti molto lonta-
ni dalle sonorità a cui ci hanno
abituati. Quali sono i tuoi riferi-
menti musicali?
In Canzoni scritte sui muri inte-
ragiscono tra loro lo stile italiano
di autori quali Ivano Fossati, Fa-
brizio De André, Paolo Conte, e
dei grandi maestri come Leonard
Cohen, Bob Dylan, Johnny
Cash a cui si aggiungono le
suggestioni degli ascolti più
recenti come Bon Iver, Ra-
diohead e Sufjan Stevens.
La musica che ora sembra
andare per la maggiore fun-
ziona un po’ come un mordi
e fuggi. Canzoni che impa-
ri in fretta e che, altrettanto
in fretta, finiscono nel di-
menticatoio. La tua scelta di
comporre un album come
Canzoni scritte sui muri si
contrappone, chiedendo
espressamente pazienza e
attenzione, è stato un gesto
coraggioso o semplice neces-
sità espressiva?
Avendo ascoltato per anni
molti dischi pensati come un
concept e come un progetto
unico, indipendente da ogni
singola traccia che le com-
poneva, mi viene naturale
pensare a questo tipo di pro-
gettualità. È stata una mia ne-
cessità narrativa.
Chiara Orsetti