contiene lo stesso numero di brani
ed è stato scritto negli stessi esatti
mesi e nello stesso arco temporale
(settembre-dicembre 2016 / set-
tembre-dicembre 2018).
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L’umore dell’album sembra piut-
tosto malinconico. Che cosa lo
ha influenzato? C’è stato qual-
cosa di progettuale oppure è del
tutto spontaneo?
Le atmosfere dell’album sono
emerse in maniera del tutto spon-
tanea. Sicuramente, accordature
diverse hanno contribuito alla re-
alizzazione di particolari arrangia-
menti o melodie, in quanto Marco
ha utilizzato ben quattro accorda-
ture differenti.
Il Letargo è soprattutto una for-
ma di sopravvivenza. Da che
cosa nasce l’omonima canzone,
che è la prima che avete scrit-
to per il disco, la prima della
tracklist e anche uno dei singoli?
Letargo è stata la prima canzone
scritta dopo quasi 2 anni di pausa
compositiva. Personalmente, pen-
so rappresenti la forza di rinco-
minciare dopo tanto tempo e tanti
cambiamenti.
Mi sembra che anche “Transat-
lantico” porti con sé una bella
storia: avete voglia di raccontar-
la?
“Transatlantico” è ispirata alla sto-
ria d’amore tra i miei nonni ma-
terni, due romagnoli conosciutisi
a Buenos Aires, che dopo aver vis-
suto un periodo della loro vita (ed
essersi sposati) in Argentina, sono
tornati in terra natale e hanno
aperto un bar.
Avete già pensato alla versione
live del disco? Cosa ci si deve
aspettare dai vostri prossimi
concerti?
La nostra formazione live è com-
posta solitamente da quattro ele-
menti (occasionalmente cinque
quando si aggiunge il violinista).
Ritengo che la dimensione live
sia quella in cui siamo in grado di
dare il meglio, perché alla fine na-
sciamo come musicisti e rockers
di provincia. Quando scriviamo
le canzoni, mi occupo prevalente-
mente della batteria e della voce,
mentre dal vivo passo a chitarra e
voce, Marco fa le chitarre compli-
cate e altri due (bravi) ragazzi si
occupano di basso e batteria.
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