niamo qualche vecchia canzone,
godiamo di un’energia rinnovata,
e forse un po’ di esperienza in più
rispetto al passato, derivata sem-
pre dall’amore viscerale per quello
che facciamo.
Quali sono le premesse e come
sono andate le lavorazioni di
Outset?
Il nostro vecchio ep Higher than
this uscito a inizio 2017 è servi-
to da sonda per testare la nostra
scrittura e il nostro feeling, ma
dopo diversi concerti, l’esigenza
di lavorare su un vero album è
stata preponderante, sicuramente
l’incontro con Antonio Gramen-
tieri ci ha riportato in sala prove
con determinazione per diversi
mesi. Abbiamo lavorato di pancia,
evitando come sempre i cliché di
genere, ma aggiungendo altri det-
tagli alla nostra tavolozza sonora.
Antonio però ha sentito le canzo-
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ni solo in studio, mentre facevamo
il check dei microfoni, non voleva
farsi influenzare.
Perché avete deciso di registrare
in presa diretta?
Per la scelta dello studio avevamo
diverse opzioni, tutte ottime, ma
il fascino di registrare su nastro
allo studio analogico “L’Amor mio
non muore” di Roberto Villa ha
prevalso, poi noi abbiamo il DNA
da presa diretta, ci piace stare nel-
la stessa stanza e suonare insieme,
registrare all’unisono, non siamo
di quelli che riprendono uno stru-
mento alla volta. Ovviamente ab-
biamo aggiunto altre cose in fasi
successive, alcune ospitate che
impreziosiscono il lavoro, ma lo
scheletro delle undici canzoni di
Outset sono nate suonando basso,
chitarra e batteria faccia a faccia,
massimo tre take a canzone. Sia-
mo nel 2019, ma crediamo che
questa sia ancora la modalità mi-
gliore perché si crei la magia.
Qual è stato il contributo di An-
tonio Gramentieri?
Fondamentale. Lavorare a certi
livelli, con professionisti così bra-
vi ti fa crescere, e con lui ci sono
stati molti momenti di con-
divisione, ascolto e rispetto
dei ruoli, cose che poi porta-
no ogni canzone ad avere un
proprio carattere e ha dato a
noi una visione più a fuoco di
quello che siamo. Affidare la
propria musica a una persona
esterna comporta abbassare
le proprie difese e mettersi in
ascolto, bisogna essere predi-
sposti, e trovare il produttore
giusto. Antonio per noi lo è
stato.
Quali saranno i prossimi pas-
si della band?
Sicuramente questo è un di-
sco che abbiamo intenzione
di portare live il più possibile,
per diverso tempo. Stare su un
palco è la sublimazione finale,
l’omega di tutto questo lavoro,
ci piace suonare difronte a un
pubblico che a malapena sa chi
sei, ma che ascolta e assiste al
rito del “qui e ora”, perché que-
sto è il significato di Outset,
considerare ogni giorno come
un nuovo inizio, con nuove
possibilità, nuove fortune o
nuove sfighe che siano.
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