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GIORS Sceglie di non apparire se non in forza delle proprie canzoni, come l’ulti- mo singolo “C’è Qualcuno”: un’affermazione, più che una domanda Partiamo da un’autopresentazio- ne: chi è Giors? Una persona che si interroga, con radici nella cultura cristiana, viag- giatore nel mondo, che non ha paura della fatica e non ha perso la voglia di sognare, a cui piace immaginare che sia ancora pos- sibile vivere in un mondo meno mediocre di quello che, mi pare, stiamo subendo oggi. Mi piace leggere, fotografare e vivere senza fare male a persone, animali, cose o alla madre Terra. Mi piacciono le persone che lavorano con impe- gno, lontane dalla ribalta, impe- gnate a migliorare il loro piccolo angolo di mondo; mi piacciono i suoni che la natura ci propone e mi piace ascoltarli mentre cammi- no verso una montagna, piuttosto che costeggiando una scogliera. Mi piace la neve e un mondo scia- re nei fuoripista. Cerco di com- prendere le solitudini presenti oggi. Sì perché le solitudini sono come il colesterolo: ci sono quelle buone e quelle cattive e quest’ul- 24 bene, perché l’apparenza violenta le loro caratteristiche naturali, ciò che sono realmente. E chi può con certezza dire che quelle loro carat- teristiche non siano un valore sol- tanto perché il contesto temporale in cui si vive non le riconosce per moda, interesse o chissà cos’altro? In realtà il mio progetto è una piccolissima sfida contro questo consolidato credo nell’apparen- za, un suggerimento per la nostra quotidianità invasa da immagini a volte false, artefatte o parziali, non figlio della cultura del browsing. La proposta è semplice: offrire lo spunto per ascoltare delle parole messe in musica attraverso le qua- li suscitare le immagini nel nostro pensiero, nella nostra fantasia per immaginarci soluzioni miglio- ri per vite migliori. Uno stimolo dunque a superare il confine della nostra isola e a provare l’esperien- za di una co-creatività tra autore e ascoltatore nella fusione delle esperienze di ognuno. Come nasce il tuo nuovo singo- lo, C’è Qualcuno? Attraversavo la hall di Porta Nuo- va a Torino e l’incrocio con tanti time nascono dalle cose che non diciamo a noi stessi castigando la nostra creatività e la nostra vita. Ogni tanto mi succede di incon- trarne di queste solitudini e allora cerco di mitigarle condividendole nelle parole di una canzone. Quasi una ‘terapia’ per vincere le paure che l’omologazione del pensiero e dei comportamenti non smet- te di alimentare, pensando che in fondo, proprio come dice il titolo di un brano del mio prossimo al- bum, “C’è sempre ancora una sto- ria da vivere”. Hai scelto di non apparire in pubblico. Ci puoi motivare la scelta, in un’epoca che si nutre moltissimo anche di apparenze? Mi sembra che viviamo in un tempo di esagerate forzature che portano un buon numero di per- sone a impegnare il loro tempo per fare cose assurde: basti pen- sare ai corsi di sopravvivenza nel mondo del lavoro proposti per rafforzare la leadership. Così mol- ti si sentono obbligati ad apparire diversi da ciò che sono e questo sarebbe il male minore: quello vero è che alla fine non stanno 25