TRAKS MAGAZINE TRAKS MAGAZINE 028 | Page 22

abbia ispirato. Credo che siano cose che avevamo dentro da mol- to, cose che magari non avevano trovato spazio prima. È stato an- che interessante per noi osser- vare come ci siamo mossi senza intoppi, tutti eravamo d’accordo quasi sempre… tutto è andato li- scio, senza tensioni. Non abbiamo guardato a nulla, essenzialmente abbiamo buttato fuori cose che aspettavano di uscire. Per questo disco volevamo davvero che fosse soltanto la musica a parlare e far parlare le nostre pulsioni e la no- stra visone delle cose. Ho trovato mescolati, insieme al noise, all’industrial e alla musica sperimentale, anche brani, che mi hanno fatto pensare all’elet- tronica ’90 e perfino ai Prodigy. Quali gli ascolti prevalenti du- rante la composizione del disco? Sicuramente dentro Archipel{o}gos si può trovare molto del nostro background, ben vengano i Prodi- gy, la Big Beat, la Jungle, ben ven- gano l’industrial o il noise… sono tutte cose che conosciamo bene ma non ci sono ascolti specifici di riferimento, anzi tendenzialmente durante la composizione preferia- 22 vede “mascherati” (o bendati: non si capisce se non volete far- vi vedere o se non volete vedere voi). Qual è il motivo? È corretto sia dire “mascherati” sia “bendati”, l’idea fa seguito un po’ ai temi che sono stati toccati nel disco, principalmente questioni di incomunicabilità, e di annulla- mento di personalità, estremizza- zione dell’edonismo individuali- stico che però si crogiola dentro le briciole tossiche della società dei consumi scadenti, codici incodi- ficabili che rifiutano di tradursi, cyborg che non provano alcuna empatia ma triggerati per com- muoversi con le serie TV. Quindi la maschera, è una maschera di indifferenza verso l’altro e un ben- daggio che soffoca le possibilità di comunicazione e cancella i tratti somatici. mo non ascoltare nulla, per tenere le orecchie, la mente e la pancia il più possibile pulite. È più proba- bile che sia arrivata nelle nostre orecchie, tutta la spazzatura che involontariamente ci prendiamo dalle radio all’interno dei negozi, o in qualsiasi altro contesto della quotidianità, ovviamente mesco- lato con i registratori di cassa, i cigolii delle porte, i sistemi di al- larme, i rombi delle macchine e le dissertazioni sui cine-comics. Quali sono i limiti che vi ponete componendo, se ce ne sono? A priori non ce ne sono, anzi, più ardite sono le idee e le proposte e più ci concentriamo per svilup- parle, per noi comporre deve es- sere un esercizio incondizionato di libertà. Man mano che si svi- luppa ovviamente è il disco stesso che pone i suoi limiti, e ci viene automatico poi restarne dentro. Il senso armonia che ci guida pro- viene dall’esperienza piuttosto che dallo studio della tecnica, quindi ha parametri molto poco canonici e forse molto poco corretti. E va bene così. La vostra iconografia attuale vi 23