DHEITI
Uscito il primo giorno di primavera, il nuovo ep della cantante
e pianista si chiama “Rebirth”, alla ricerca di una rinasciata
intima e del tutto naturale
momento di cantare, ho semplice-
mente chiuso gli occhi e mi sono
lasciata andare: infatti ho registra-
to le voci in pochissimo. Volevo
che il risultato finale fosse il più
naturale possibile. Sicuramente ho
vissuto quell’intero periodo con
grande intensità ed è stata una
splendida esperienza. Dentro di
me lo percepivo sia come un tra-
guardo sia come la tappa iniziale
di un nuovo percorso artistico.
Da cosa origina la necessità di
una “Rebirth”, di una rinascita?
Come hai affrontato il tuo primo
lavoro da solista?
È stato emozionante. Le sensazio-
ni erano tante e diverse: entusia-
smo, grinta, curiosità, approccio
sognante, ma ci sono state anche
fasi di stanchezza, timore, persi-
no rabbia. Ci ho messo tutta me
stessa. Ho partecipato a ogni step
della produzione, seguendo i lavo-
ri con l’amore e la frenesia d’una
mamma che attende la nascita del
suo bambino, non lasciando nulla
al caso... Però, quando è arrivato il
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Credo che sia un bisogno che tut-
ti proviamo più volte nella vita.
Talvolta siamo fagocitati dalle abi-
tudini, che spesso si fanno strette
come catene togliendoci l’entusia-
smo e la meraviglia negli occhi.
Allora lì bisogna fare qualcosa.
Serve spezzarle, quelle catene.
Almeno provarci. Non c’è dub-
bio che, quando scrivevo i brani
dell’ep, io attraversassi una fase del
genere. Non è stata l’unica, e non
sarà l’ultima.
Come nasce “Feel”?
Nasce in una piccola stanza di
Lark Lane a Liverpool. Avevo da
poco comprato una tastiera di
seconda mano (decisamente “en-
try-level”) da un signore inglese.
Erano due mesi che mi ero distac-
cata dalla pratica della musica e
ne stavo soffrendo. Ricordo che
quando salii le scale e la posizio-
nai in un angolo della mia came-
ra, chiusi la porta e non smisi di
suonare e cantare per giorni. I
miei coinquilini mi avranno odia-
ta, penso, ma devo ammettere che
sono stati gentili e non mi han-
no mai detto nulla. “Feel” è stato
il primo pezzo che ho scritto per
l’ep. È nato in modo molto natu-
rale. Volevo immaginare di star
già provando quello che, in real-
tà, “speravo” di arrivare a provare
presto: un senso di totale armonia
con il mondo. In seguito ce l’avrei
fatta. Ma anche quelle belle sen-
sazioni (come ogni cosa del resto)
sono destinate a mutare. Siamo
soggetti a infinite fluttuazioni.
Queste quattro canzoni si posso-
no considerare anche un “anti-
pasto” di un lp futuro?
Sicuramente sì. “Antipasto”, mi
piace questo termine. Sì, è un an-
tipasto. Non so se di un lp o se
continuerò a pubblicare altri ep.
Il modo di ascoltare la musica
oggi è cambiato. Funzionano mol-
to i singoli e i “mini-album”, di so-
lito ascoltati in streaming. Da un
lato mi spiace, perché adoro gli lp.
Dall’altro, però, hai possibilità di
pubblicare più spesso, e se hai la
fortuna di avere un pubblico sei
messa nelle condizioni di non la-
sciarlo a bocca asciutta per troppo
tempo. A ogni modo “Rebirth” è
senz’altro un assaggio. Di cosa an-
cora non so, ma lavorerò sodo af-
finché sia qualcosa di meglio.
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