coinvolgere il pubblico nella no-
stra pazzia. Quello che non è mai
cambiato è stato il nostro modo di
fare musica. Ci piacciono gli am-
plificatori al massimo, le melodie
dirette e autentiche. Ci piace suda-
re e far ballare.
Avete scelto di pubblicare il di-
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sco in vinile, una scelta di campo
piuttosto definita. Potete spiega-
re le motivazioni?
Semplice, sono scomparsi dalle
auto i lettori cd. Scherzi a parte,
siamo una band che ha un occhio,
quello strabico, rivolto al passa-
to. Il vinile è un simbolo culturale
Mc5, Fuzztones, The Cramps,
The Hives e tutte quelle meravi-
gliose band meteore che hanno
caratterizzato il garage anni ‘60
dove facevi un singolo di succes-
so e nel giro di poco eri di nuovo
a suonare in garage per il resto
della tua vita. Live fast baby!
In questo disco non avete inclu-
so cover. Dovendone scegliere
una, quale avreste inserito?
Don’t look back dei Remains sen-
za alcun dubbio.
Immagino che il lato live della
vostra band sia il più spettaco-
lare. Come potete descrivere un
vostro concerto?
Proviamo a darci e a dare al pub-
blico un pugno nello stomaco.
Sul palco siamo autentici, siamo
noi, siamo casinari. Non abbia-
mo quegli show preimpostati.
Gli stessi versi, la stessa carica,
la stessa attitudine la abbiamo
anche in sala prove quando è
un anonimo mercoledì sera e
ci sono 3 gradi Celsius nell’aria.
Ecco, dopo quattro canzoni sia-
mo in maniche corte e sudati.
Magari poi facciamo pure a caz-
zotti.
per chi ama la
musica oltre
che un ogget-
to da collezio-
nare. Ci piace
l’idea che la
nostra mu-
sica sia stata
prodotta con
gli stessi cri-
teri utilizzati
da band come
gli Yardbirds,
gli Stooges, i
Velvet Under-
ground. Però
siamo anche
su Spotify e
simili, perchè
il luddismo è
da coglioni!
Mi sembra
evidente il
fascino vintage della vostra mu-
sica. Quali sono le vostre band
cardine?
La musica che suoniamo è quella
che ha influenzato maggiormen-
te la nostra vita e soprattutto il
nostro modo di vivere la musica,
il palco e la sala prove. Stooges,
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