TRAKS MAGAZINE TRAKS MAGAZINE 022 | Page 38

cioè dove andrò a finire alla fine di questo processo. Mi piace pensare a quello che faccio come un per- corso. E questo percorso di evolu- zione dei suoni passa dai processi di creazione dei suoni e dei testi. Ho sempre desiderio di spingermi oltre quello che ho fatto. E mi an- noia l’idea di trincerarmi dentro una forma preconfezionata o con- validata da una parvenza di con- ferme. Per adesso posso dirti che sto facendo delle lunghe sessioni di registrazione in cui sto campio- nando e manipolando diversi suo- ni. Registro sessioni di circa venti minuti e stratifico delle tracce che 38 dialogano tra di loro nel corso di questi venti minuti. Successiva- mente comincio a editare e a stra- volgere i suoni. Un piatto di una batteria diventa un synth. Così come il frammento di un synth di- venta lo snare di una parte di bra- no. È un processo lungo, per me fondamentale e tremendamente divertente. È un modo di lavora- re che ho cominciato con Yuki O (Ubriachi di sale ne è un esem- pio eclatante), adesso è diventato fondamentale. Sono alla continua costruzione di una mia personale libreria di suoni. Questi suoni in- contreranno le melodie dei brani che verranno fuori, insieme ai te- sti a cui sto lavorando e su cui sto facendo un lavoro diverso da Yuki e da Orfani. Collabori con alcune danzatrici per la realizzazione di spettacoli teatrali; non è proprio consue- to per un artista “pop” (se pure di tipologia sicuramente molto alternativa). Come nascono e soprattutto che cosa ti regalano queste collaborazioni? Queste collaborazioni fanno parte del percorso di cui parlavo poc’an- zi. Le performance di pittura so- nora (ovvero facendo suonare il pennello che passa sulla tela, mi- crofonando la tela su cui striscia il pennello o le dita o la spatola di Igor Scalisi Palminteri, il pittore con cui collaboro), la scrittura per il teatro o per la danza sono un modo per confrontarmi con al- tri mondi espressivi, ancor di più nella danza che, in questo senso, mi porta alla parte più visionaria di me. Non amo in generale ciò che è didascalico e la danza è ca- pace di farmi dialogare con una parte irrazionale di me, dove il mio linguaggio si incontra con il linguaggio dei corpi danzatori e delle danzatrici su una nuvola che non è la terra su cui poggiamo i piedi adesso. In questo senso la sperimentazione prende anco- ra più campo. E qui subentrano i tape loop con i nastri delle vecchie cassette e strumenti autocostruiti. Ultimamente mi diverto a taglia- re fisicamente un loop di nastri a mano, li incollo con lo scotch, gli registro su dei suoni utilizzando un registratore multitraccia per audiocassette e poi li stratifico fa- cendo suonare insieme più walk- man mentre mi dedico all’elettro- nica con drum machine e synth. A oggi sto scrivendo per uno spettacolo che farò con Giovan- na Velardi, una sorta di match tra musica e corpo. Sto scrivendo per uno spettacolo di Giuseppe Mu- scarello e non manco mai di col- laborare con Federica Aloisio che è anche la mia compagna. Adoro il mondo della sperimentazione e queste collaborazioni nel mondo della danza o del teatro, sono dei momenti di pura libertà che mi portano a giocare tanto. E per me è di vitale importanza. 39