cioè dove andrò a finire alla fine di
questo processo. Mi piace pensare
a quello che faccio come un per-
corso. E questo percorso di evolu-
zione dei suoni passa dai processi
di creazione dei suoni e dei testi.
Ho sempre desiderio di spingermi
oltre quello che ho fatto. E mi an-
noia l’idea di trincerarmi dentro
una forma preconfezionata o con-
validata da una parvenza di con-
ferme. Per adesso posso dirti che
sto facendo delle lunghe sessioni
di registrazione in cui sto campio-
nando e manipolando diversi suo-
ni. Registro sessioni di circa venti
minuti e stratifico delle tracce che
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dialogano tra di loro nel corso di
questi venti minuti. Successiva-
mente comincio a editare e a stra-
volgere i suoni. Un piatto di una
batteria diventa un synth. Così
come il frammento di un synth di-
venta lo snare di una parte di bra-
no. È un processo lungo, per me
fondamentale e tremendamente
divertente. È un modo di lavora-
re che ho cominciato con Yuki O
(Ubriachi di sale ne è un esem-
pio eclatante), adesso è diventato
fondamentale. Sono alla continua
costruzione di una mia personale
libreria di suoni. Questi suoni in-
contreranno le melodie dei brani
che verranno fuori, insieme ai te-
sti a cui sto lavorando e su cui sto
facendo un lavoro diverso da Yuki
e da Orfani.
Collabori con alcune danzatrici
per la realizzazione di spettacoli
teatrali; non è proprio consue-
to per un artista “pop” (se pure
di tipologia sicuramente molto
alternativa). Come nascono e
soprattutto che cosa ti regalano
queste collaborazioni?
Queste collaborazioni fanno parte
del percorso di cui parlavo poc’an-
zi. Le performance di pittura so-
nora (ovvero facendo suonare il
pennello che passa sulla tela, mi-
crofonando la tela su cui striscia
il pennello o le dita o la spatola di
Igor Scalisi Palminteri, il pittore
con cui collaboro), la scrittura per
il teatro o per la danza sono un
modo per confrontarmi con al-
tri mondi espressivi, ancor di più
nella danza che, in questo senso,
mi porta alla parte più visionaria
di me. Non amo in generale ciò
che è didascalico e la danza è ca-
pace di farmi dialogare con una
parte irrazionale di me, dove il
mio linguaggio si incontra con il
linguaggio dei corpi danzatori e
delle danzatrici su una nuvola che
non è la terra su cui poggiamo i
piedi adesso. In questo senso la
sperimentazione prende anco-
ra più campo. E qui subentrano i
tape loop con i nastri delle vecchie
cassette e strumenti autocostruiti.
Ultimamente mi diverto a taglia-
re fisicamente un loop di nastri a
mano, li incollo con lo scotch, gli
registro su dei suoni utilizzando
un registratore multitraccia per
audiocassette e poi li stratifico fa-
cendo suonare insieme più walk-
man mentre mi dedico all’elettro-
nica con drum machine e synth.
A oggi sto scrivendo per uno
spettacolo che farò con Giovan-
na Velardi, una sorta di match tra
musica e corpo. Sto scrivendo per
uno spettacolo di Giuseppe Mu-
scarello e non manco mai di col-
laborare con Federica Aloisio che
è anche la mia compagna. Adoro
il mondo della sperimentazione e
queste collaborazioni nel mondo
della danza o del teatro, sono dei
momenti di pura libertà che mi
portano a giocare tanto. E per me
è di vitale importanza.
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