da 200 lire in tasca. Io ero un
bambino. Da lì si comincia. Geno-
va perché il mio vecchio lavorava
nel porto di Durazzo e faceva con-
trabbando con i finanzieri italiani.
A uno aveva dato il denaro per
comprargli una Vespa bianca, che
il finanziere si era giocato perché
aveva il vizio del gioco. Ma quan-
do ha bussato alla sua porta per
reclamarla è stato gentile con lui.
Ci sono dei particolari veramente
da romanzo, nei dischi futuri ne
parlerò.
Ho letto che avresti potuto in-
cludere venti canzoni in questo
disco. Avevi quello che si dice un’
“urgenza” da trasmettere in que-
sto disco? Come sei arrivato alla
selezione finale?
In realtà non la definirei proprio
urgenza, nella misura in cui scrivo
sempre, perché mi fa bene, per cui
quando poi i brani di un periodo
raccontano proprio quei passaggi
di tempo, viene come naturale
considerarli nel disco. Tuttavia
produrre 20 pezzi costa troppo,
già 14 è stato un discreto salasso.
Alla fine si scelgono quelli a cui
sei più affezionato, si vuole un po’
LEDI
“Stanze” è il secondo lavoro di inediti di Ledi, cantautore di origini
italo-albanesi che ha conquistato una bella fetta di critica italiana con
il suo esordio “Cose da difendere”
Ci vuoi raccontare qualcosa del-
la tua storia?
A casa mia si è stati ricchi, poi po-
veri, poi ricchi, poi poveri... e
così via. Diciamo che il padre
di mio nonno era una specie di
muezzin di un piccolo villaggio
greco, ucciso dalla guerra. Mio
nonno è scappato in Albania dove
si è rifatto una vita passando dalla
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condizione di “principe” a quella
di sottomesso al regime. Poi, come
tutti, mio padre un giorno ha pre-
so un barcone e si è ritrovato nel
porto di Brindisi con una moneta
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