TRAKS MAGAZINE TRAKS MAGAZINE 021 | Page 44

apparire diversamente da quel che sono, né francamente sarei in grado di farlo. Non per questo mi ritengo più “impegnato” di altri autori. Credo che ciascuno rac- conti le cose che più gli premono. Evidentemente, ho interessi diver- si dalla maggior parte degli artisti miei coetanei. Tutto qui. Negli ul- timi mesi mi sono sentito oppres- so da un paese inaridito, spesso frustrante, da un punto di vista culturale e politico. Ho cercato di non cedere allo sconforto, inse- guendo un equilibrio differente, appunto. Come ci insegna Camus, 44 militari hanno combattuto anche in Europa. Anche a difesa dei nostri confini. Riportare alla luce una storia come quella, cantarla insieme a un grande artista sene- galese come Dudu Kouaté, mi è sembrato un doveroso gesto ar- tistico e politico, in risposta agli egoismi europei che oggi sem- brano prevalere. Di solito chiudiamo le nostre interviste con la playlist. Oltre a regalarci qualche brano a cui sei particolarmente legato, ti va di consigliare qualche lettu- ra, film o quello che ti viene in mente per spingersi ancora un po’ nel tuo mondo? Volentieri. Dunque, per quanto riguarda questo disco, oltre ai testi già ci- tati (Le città invisibili e Il mito di Sisifo), direi I dannati della terra di Fanon e Diario di un bevitore di London. Qualche brano? Hold on di Tom Waits, Yamore di Salif Keita e Cesaria Evora, Road di Nick Drake. nel suo Il mito di Sisifo, il peso delle conseguenze delle nostre scelte a volte pare schiacciarci, ma può regalare la meraviglia quoti- diana della libertà… Il viaggio è un po’ il centro di questo lavoro, che sia nel mon- do o dentro di sé. Quali sono i luoghi a cui sei maggiormente legato? Quali i viaggi che hanno saputo toccarti al punto da farti cambiare punti di vista, da sra- dicare convinzioni, da allargare orizzonti? Per questo disco, i due viaggi fon- damentali sono stati quelli in Vie- tnam e in Senegal. Certamente non sono stati abbastanza lunghi da consentirmi di approfondire la realtà sociale di quei paesi, com’e- ra stato invece per il Perù, dove ho vissuto un anno. Però mi han- no permesso di vivere momenti indimenticabili, come per esem- pio una lunga cavalcata in moto, a nord, vicino al confine cinese. Oppure di conoscere e rispolvera- re storie dimenticate, come quella dei “tirailleurs”, giovani africani razziati dai villaggi per ingrossare le fila dell’esercito francese. Quei Chiara Orsetti 45