apparire diversamente da quel
che sono, né francamente sarei in
grado di farlo. Non per questo mi
ritengo più “impegnato” di altri
autori. Credo che ciascuno rac-
conti le cose che più gli premono.
Evidentemente, ho interessi diver-
si dalla maggior parte degli artisti
miei coetanei. Tutto qui. Negli ul-
timi mesi mi sono sentito oppres-
so da un paese inaridito, spesso
frustrante, da un punto di vista
culturale e politico. Ho cercato di
non cedere allo sconforto, inse-
guendo un equilibrio differente,
appunto. Come ci insegna Camus,
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militari hanno combattuto anche
in Europa. Anche a difesa dei
nostri confini. Riportare alla luce
una storia come quella, cantarla
insieme a un grande artista sene-
galese come Dudu Kouaté, mi è
sembrato un doveroso gesto ar-
tistico e politico, in risposta agli
egoismi europei che oggi sem-
brano prevalere.
Di solito chiudiamo le nostre
interviste con la playlist. Oltre
a regalarci qualche brano a cui
sei particolarmente legato, ti
va di consigliare qualche lettu-
ra, film o quello che ti viene in
mente per spingersi ancora un
po’ nel tuo mondo?
Volentieri.
Dunque, per quanto riguarda
questo disco, oltre ai testi già ci-
tati (Le città invisibili e Il mito di
Sisifo), direi I dannati della terra
di Fanon e Diario di un bevitore
di London.
Qualche brano?
Hold on di Tom Waits, Yamore di
Salif Keita e Cesaria Evora, Road
di Nick Drake.
nel suo Il mito di Sisifo, il peso
delle conseguenze delle nostre
scelte a volte pare schiacciarci, ma
può regalare la meraviglia quoti-
diana della libertà…
Il viaggio è un po’ il centro di
questo lavoro, che sia nel mon-
do o dentro di sé. Quali sono i
luoghi a cui sei maggiormente
legato? Quali i viaggi che hanno
saputo toccarti al punto da farti
cambiare punti di vista, da sra-
dicare convinzioni, da allargare
orizzonti?
Per questo disco, i due viaggi fon-
damentali sono stati quelli in Vie-
tnam e in Senegal. Certamente
non sono stati abbastanza lunghi
da consentirmi di approfondire la
realtà sociale di quei paesi, com’e-
ra stato invece per il Perù, dove
ho vissuto un anno. Però mi han-
no permesso di vivere momenti
indimenticabili, come per esem-
pio una lunga cavalcata in moto,
a nord, vicino al confine cinese.
Oppure di conoscere e rispolvera-
re storie dimenticate, come quella
dei “tirailleurs”, giovani africani
razziati dai villaggi per ingrossare
le fila dell’esercito francese. Quei
Chiara Orsetti
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