ALESSANDRO SIPOLO
Arrivato al suo terzo album, “Un altro equilibrio”, il cantautore propone
atmosfere personalissime e lontane da quanto ci si aspetta da un artista
“indie”, sa regalare le sensazioni di un viaggio in terre lontane o di un
buon libro letto tutto d’un fiato. Gli abbiamo fatto qualche domanda per
sapere cosa muove un animo così raffinato
Un altro equilibrio è un titolo
azzeccato per descrivere la tua
arte, non solo l’ultimo album.
Mescoli parole, suoni e atmosfe-
re creando un equilibrio magico
e distante dalle mode del mo-
mento. Questa armonia è frutto
di un lungo processo creativo?
Be’, innanzitutto grazie per que-
sta considerazione generosa. Le
mode effettivamente non mi han-
no mai appassionato. “Moda”, del
resto, è un concetto matematico.
E’ semplicemente “il valore più
42
frequente”. Non necessariamente
il migliore. Il mio modo di scri-
vere e comporre è effettivamente
piuttosto distante dalla musica
che oggi va per la maggiore. Non
per questo mi ritengo inferiore o
superiore a qualcun altro. Credo
semplicemente di aver sviluppato
uno stile e un gusto personale.
Dietro ogni tuo testo ci sono
persone, luoghi, sensazioni. Ho
avuto la fortuna di assistere a
un tuo concerto qualche anno
fa, e sentir raccontare i retrosce-
na dei tuoi brani è sicuramente
stato fondamentale per poterli
apprezzare fino in fondo. Si-
curamente incuriosisce sapere
qualcosa in più sullo Sciamano
bianco, uno dei protagonisti che
sembra di poter toccare, come
era stato per Arnaldo, Denoda e
Gagiò Romanò...
Lo sciamano bianco racconta il
rapporto di fiducia e cura tra due
persone a me care, uno psicologo
italiano (scherzosamente definito
nel brano “lo sciamano bianco”)
e un ragazzo africano, rifugiato
in Italia. Quello psicologo, Fede-
rico, era mio collega, nel progetto
SPRAR della città di Brescia, ed è
mancato improvvisamente, all’età
di 29 anni. Volevo scrivere un
brano che lo ricordasse. Che ri-
cordasse la sua intelligenza, la sua
apertura verso le persone di ori-
gine straniera, la sua competenza
etno-clinica. E che ricordasse il
prezioso aiuto prestato a quel ra-
gazzo maliano.
I riferimenti culturali non man-
cano: dal mito di Sisifo a Calvino
e alle sue città invisibili, alla ri-
cerca di un equilibrio e di rispo-
ste, si muovono in un contesto
particolarmente impegnativo e
arido di risposte. La musica inte-
sa come impegno appartiene for-
se a un momento storico lonta-
no, non hai timore di precluderti
la possibilità di sfondare defini-
tivamente, di fare il salto?
Guarda, come avrai dedotto ascol-
tando Mostar, l’unico “salto” che
credo di poter fare è quello dal
ponte… A parte gli scherzi, sono
pienamente consapevole che il
tipo di musica che compongo e
canto non è attualmente il più
ambito dal mercato discografico.
Detto questo, non mi interessa
43