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ROBERTO MY “Flares” è il disco che segna il ritorno sulle scene del cantautore, già attivo negli anni Novanta e all’inizio del nuovo millennio con la sua vecchia band, i Volcano Heart Dieci anni dopo la fine della tua re, perché dopo 5-6 anni di totale band, eccoti a pubblicare l’e- digiuno musicale la mia fame era sordio da solista. Che cosa ti ha enorme. La lontananza dalla mu- spinto a questa ripartenza? sica suonata è iniziata con il mio In realtà Afternoon Pleasures, l’ul- trasferimento per motivi di lavoro timo disco dei Volcano Heart, la a Roma, dove vivo. Nel 2012 ero band da me fondata a metà anni anche riuscito a rimettere su una Novanta, nei miei primi anni di band con la quale avevamo inizia- vita universitaria a Bologna, è to a scrivere e arrangiare dei nuovi uscito nel 2005. Quindi di anni, brani, ma il tentativo è naufraga- prima di questo mio nuovo album to quasi sul nascere. Quando non Flares, ne son passati tredici. Ve- si hanno più vent’anni, per stare ramente tanti. Era già da qualche in un gruppo che vuole scrivere e tempo che avevo provato a riparti- suonare la propria musica bisogna 24 po oppure scritte di getto? I brani di Flares sostanzialmente appartengono a due periodi. Uno un po’ più datato, che coincide col 2012, l’anno in cui ho tentato di rimettere su una band. A questo periodo appartengono canzoni quali Last Summer Ruins, My Sign on You (Part 1) e Black Sky, brani in cui credo sia forte l’influenza del grunge e dell’indie rock ame- ricano. Ci sono poi brani scritti più a ridosso della registrazione del disco: Motherland, World of Sound, My Sign on You (Part 2) e Congo. Credo che in questi brani si possono cogliere influenze mol- teplici, che travalicano i due gene- ri di riferimento che citavo prima. Immagino sia cambiato molto nel modo di lavorare rispetto a quando eri con la band. C’è qual- cosa che ti ha sorpreso, anche a livello di sensazioni, nel rimette- re le tue canzoni su disco? Effettivamente sì. Prima con i Volcano Heart, gran parte del la- voro di scrittura veniva fatto in sala prove, insieme alla band. Fla- res invece è un disco che è nato in solitudine con un lungo lavo- essere davvero motivati, perché c’è il lavoro, magari per qualcuno i fi- gli, e quindi ci siamo sciolti prima ancora di scegliere il nome della band. Ma ormai io avevo riassa- porato il piacere di tornare a fare musica e non volevo più smettere. Ho continuato quindi con l’aiuto di un pedale che produce loop per chitarra (il mio “amico immagina- rio”), perché per me è fondamen- tale tessere trame polifoniche, e in questa veste ho fatto pure qual- che concerto in dei piccoli club a Roma, tipo il Klamm o il B-Folk, posti ai cui gestori non smetterò mai di essere grato per l’ospitalità che danno ai musicisti indipen- denti. Nel 2017 ho deciso che i tempi per un nuovo disco erano maturi e ho chiesto alla mia ami- ca Micol Del Pozzo (che nel disco suona il basso) e a Pasquale Mon- tesano (il batterista della band romana Mia Wallace) se avevano voglia di darmi una mano nell’ar- rangiare e incidere i brani che ave- vo scritto e per fortuna la risposta è stata positiva. Come nascono le canzoni di Fla- res? Lavoro distribuito nel tem- 25