Se è vero anche per quest’ultimo
disco, ne esce una fotografia non
troppo allegra dell’ultimo perio-
do…
Le mie canzoni nascono sempre
da momenti o situazioni difficili.
Ma non è tanto il periodo che in-
fluisce sulla mia scrittura quanto
piuttosto la mia visione delle cose.
Sono tendenzialmente un pessi-
mista cronico, decadente e che
“ama” perdersi in un certo tipo di
malinconia. Ma è anche vero che
la realtà del mondo che ci circon-
da non può che agevolare deter-
minate sensazioni di straniamento
o di profonda tristezza/insicurez-
za.
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Che cosa ha regalato il lavoro a
Los Angeles con Joe Cardamone
a questo disco?
Oltre all’esperienza umana, uni-
ca e importante che ho vissuto, in
termini tecnici ha regalato una di-
mensione precisa e spaziale al di-
sco. Lavorando con i loops, in una
maniera vicina a quella usata da
Warren Ellis (con il quale Joe ha
anche collaborato) abbiamo creato
un certo tipo di spazialità deserti-
ca, ma anche onirica e malinconi-
ca, che ben si accosta al mio tipo
di songwriting.
Come nasce “I put a spell on
you”, posto che sulle prime pen-
savo fosse una cover di Nina
Simone, che tutto sommato sa-
rebbe stata anche molto adatta
all’atmosfera del disco?
Il brano è nato molto velocemen-
te dopo una telefonata. In questo
caso riff e parole sono state scritte
assieme subito dopo che ho chiu-
so la comunicazione con la perso-
na alla quale è dedicata la canzo-
ne. Il testo parla di perdita, di fine,
e di quel poco che ne rimane. E’
uno dei brani che caratterizza di
più il disco e che ancora mi coin-
volge molto quando lo suono.
Avete realizzato anche un film
sperimentale per accompagnare
il disco. Che tipo di esperienza è
stata?
Il film è stato un’esperienza ma-
gnifica e a tratti anche divertente.
Magnifica in primis per i luoghi
nei quali ci siamo trovati a gira-
re. Posti che ti entrano nell’anima
e che ti rimarranno impressi per
la vita. In secondo luogo intensa
per le modalità con il quale è sta-
to girato. Essendo un film “on the
road” tutto si è svolto in maniera
molto spontanea e libera, ma allo
stesso tempo ricercata e con un
occhio sempre attento, da parte
della regista Samantha Stella, nel
ricercare la cura di certi particola-
ri e nel dare un certo tipo di nar-
razione.
Ti va di fare tre nomi di artisti
che ti hanno particolarmente
impressionato o colpito di recen-
te?
Impressionato credo nessuno. Se
devo fare dei nomi ti cito però tre
belle scoperte fatte negli ultimi
tempi: Medicine Boy, Laura Car-
bone, Wild Daughter.
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