artistica e quella come da essere
umano, non si possono separare.
Detto questo, cercherò di essere
sintetico ma efficace, riservato ma
esaustivo, di conseguenza dovrò
essere fedele alla premessa banale
che ho fatto poc’anzi; raccontarvi
un po’ dei cazzi miei. Figlio di un
ricchissimo poveraccio, la perso-
na citata non è morta, vive, ecco-
me se vive. Come è giusto che sia.
Se fosse scomparsa non avrebbe
senso sparare (in senso metafo-
rico!) a un morto. Ma non voglio
perdere il fragile filo del discorso
che ho imbastito. Cresciuto nel
lusso, in una dimensione che non
può non alienarti, perché sei un
alieno se tuo padre compare su
Forbes sulle loro classifiche della
vergogna. Non conoscevo il reale.
Il vero stato delle cose e del mon-
do. Devo ammettere che di tanto
in tanto, quando stavo diventando
un ragazzino, ci sono state certe
contingenze che mi hanno fat-
to assaggiare cose che valicano
il confine con il reale. Cose che
attaccano e divorano chiunque,
senza alcuna discriminazione nel-
la loro scelta; dislessia, obesità,
MAC
una mina vagante
Un esordio che mescola poesia, sentimenti crudi, problemi di comuni-
cazione: “Un pianeta su nove”, prodotto da Luca Spaggiari, mette sul
piatto tutta la verità, a volte oscura, di Mario Alessandro Camellini
Scrivi canzoni da quando ave-
vi 15 anni ma prima di arrivare
all’esordio sei passato attraverso
due romanzi pubblicati e svaria-
te tappe intermedie. Puoi spiega-
re il tuo percorso?
La domanda mi pare ad ampio
spettro, ad amplissimo spettro. Mi
spiego. In virtù di una mia defor-
mazione legata ad aspetti psico-
logici ed emotivi sono impossibi-
litato a scindere il mio percorso
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di vita con quello artistico. I miei
slanci creativi nascono da flussi
che hanno contraddistinto e che
tuttora dipingono il mio vissuto.
Certe dinamiche così intrinse-
che fra di loro, come la mia vita
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