MICO ARGIRO’
Con un rimando diretto a Fabrizio De André, il cantautore lancia “Un altro
giugno 73”, singolo “stand-alone” dalla storia molto significativa
Ho letto che questa canzone è
nata in modo diverso dalle altre
tue: puoi raccontarne la genesi?
Questa canzone è nata come uno
di quei tanti fogli vuoti sui quali
appunti una strofa e non sai anda-
re avanti, quelli che scrivono mi
capiranno meglio… la strofa par-
lava di questo istante di bellezza
e del mio non volere, con questa
ragazza, Un altro Giugno ’73 (che
è un pezzo di De André che par-
la di due che si lasciano). Poi, un
annetto dopo, ho scritto un’altra
strofa, nel frattempo erano cam-
biate cose, luoghi… e quando,
dopo anni, la storia era finita ho
capito che su quel foglio manca-
va proprio la strofa di chiusura.
Io, in genere, scrivo le canzoni
abbastanza di getto, poi le rive-
do per lunghi periodi, ma la fase
di scrittura vera e propria dura
poco, questa è diversa perché è un
sincero “in progress”; l’ho scritta
mentre le cose nascevano, mentre
cambiavano e quando erano finite.
Ci puoi raccontare del video?
Il video, regia di Ciro Rusciano,
sviluppa una mia idea abbastan-
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simili in futuro?
Da tanto tempo ormai mi occu-
po di musiche per il teatro e ho
avuto il piacere di partecipare a
spettacoli molto diversi ai quali
ho dovuto adattare la mia musi-
ca e le mie sperimentazioni.
“Io non mi rassegno – Un storia
d’amore” è un’esperienza molto
bella, che ha avuto già un gran-
de riscontro e che continuerà a
fare la sua strada nei prossimi
tempi; nasce dalla penna e dal-
la capacità attoriale di Salvatore
Riggi, attore siciliano dell’Ac-
cademia Internazionale di tea-
tro di Roma, e racconta di una
figura importante della nostra
contemporaneità. Io ho compo-
sto una serie di musiche che ben
si adattavano al testo e sottoli-
neavano l’idea centrale di una
Bellezza che può salvare dalla
rassegnazione. Con me c’era-
no due grandi musicisti, Letizia
Bavoso al flauto e Giampietro
Marra alle percussioni (che fan-
no parte anche della squadra di
Un altro Giugno 73) e con i qua-
li abbiamo diviso bei momenti
su e giù per l’Italia.
za simbolica dove la fase bella del
rapporto vede due bambini in
scena, la fase più matura vede il
bambino diventare adulto e la fase
finale si tinge di assenza e sospen-
sione. Il luogo anche è un simbo-
lo: una stazione dei treni abban-
donata, che si ricollega a Saltare,
canzone del mio precedente al-
bum. È stato bello girare questo
video con dei ragazzini (Emilio e
Cristina Marrocco), tra l’altro bra-
vissimi, e, come sempre, farlo in
terra cilentana.
Il tuo ultimo lavoro Vorrei che
morissi d’arte ha qualche mese…
Stai già lavorando a un disco
nuovo?
Sto lavorando a tante cose nuove,
molto varie e diverse, ma non ho
in progetto un album nell’imme-
diato. Ci tenevo a far uscire questa
canzone da sola, perché racconta
una storia personale e perché ha
una funzione catartica per me e la
mia vita, che in questi anni ne ha
viste tante.
Nel 2017 hai composto le musi-
che per lo spettacolo su Peppino
Impastato: che tipo di esperien-
za è stata? Pensi che ne rifarai di
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