insonnia. Alla soglia dei dodici
anni mi sono avvicinato alla mu-
sica, per l’esattezza al pianofor-
te. Ho iniziato a studiare in una
realtà la cui natura accademica
e competitiva mi mise in grossa
difficoltà. Guerra in casa, grosse
difficoltà fuori casa. A quindici
anni iniziai a scrivere canzoni, in
realtà cominciai a comporre linee
di pianoforte. La dislessia mi sta-
va abbandonando, ma avevo an-
cora difficoltà a scrivere, perfino
dei testi. A sedici anni vi fu una
svolta, oserei dire un miracolo;
dal giorno alla notte acquistai una
fluidità nello scrivere che solo
qualche mese prima nemmeno
nei sogni l’avrei sfiorata. Per essere
chiaro, alle scuole medie non arri-
vavo mai alla sufficienza quando
si trattava del classico tema d’ita-
liano. E poi mi rivoltavo rabbioso
quando sentivo parlare di tutor o
logopedisti. Senza alcuna ragio-
ne scientifica, da dislessico grave,
incapace di mettere insieme due
concetti in una frase, diventai as-
sai fluido e proficuo nella scrit-
tura. Scrivevo canzoni e poesie.
Solo a diciannove anni arrivai a
conoscere la libertà che ti penetra
nelle viscere quando ti dedichi a
un romanzo. Ma facciamo un pas-
so indietro! La dislessia mira-
colosamente mi lasciò libero,
ma passai dalla padella alla
brace. Divenni abulico, persi
sessanta chili in nove mesi. E
poi le prime droghe. E poi la
depressione. E senza accorger-
mi divenni una mina vagan-
te. E sopratutto un uomo. La
musica, le canzoni non hanno
assolutamente, per quanto mi
riguarda, una funzione tera-
peutica. Non sublimo il dolore
attraverso la musica. Faccio
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musica che prende vita dal dolore.
Scrivo canzoni perché, oltre alla
scrittura, non so fare null’altro; e
in virtù del fatto che non faccio
fatica a tirare fuori canzoni, io
amo le cose facili e non potrei non
godere di questo privilegio che
coccola da un lato il mio ozio, e
dall’altro il mio ego.
In copertina ci sei tu allo spec-
chio e molte canzoni sembrano
scavare nella tua carne viva. Non
hai nessuna remora nel presenta-
re te stesso in modo così sincero
e senza filtri?
In virtù di come ho risposto alla
prima domanda vi sembra che
abbia remore a darmi voce con
questa crudezza e questa attitudi-
ne truce che avete colto nelle mie
canzoni? Sono stato un grande
bugiardo, un grande manipola-
tore, poi ho deciso di smettere,
perché la menzogna è una droga,
ti ripaga istantaneamente, dopodi-
ché ti si ritorce contro con un’ira
mortale.
Come nasce “Livore” e perché
hai scelto una canzone così dura
e disperata come biglietto da vi-
sita del disco?
Livore nasce in dieci minuti,
dopo una bottiglia di vino be-
vuta a stomaco vuoto. Natu-
ralmente parlo del testo e della
sequenza di accordi. Poi gli ar-
rangiamenti sono stati curati da
Luca Spaggiari, il mio produtto-
re. E Nicola Manzan (Bologna
Violenta) con i suoi violini l’ha
valorizzata al meglio. Per quanto
riguarda la scelta di fare uscire
come primo singolo dell’album
Livore non è stata frutto di una
mia decisione
Che cosa ha offerto il produtto-
re Luca Spaggiari al tuo disco?
Luca si è occupato della produ-
zione artistica. Si è dedicato alla
maggior parte degli arrangia-
menti e ha suonato lui stesso le
chitarre, i bassi e i sinth. Parlo
delle registrazioni del disco ov-
viamente. E non nascondo che
senza Luca con assoluta e grani-
tica certezza non sarei qui a ri-
spondere alle vostre domande.
Tre nomi di cantautori contem-
poranei che ti piacciono?
Andrea Appino (da solista), Bru-
nori ed Emidio Clementi.
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