recensione
Calcutta
Tutti parlano di Calcutta. C’è una
specie di curiosità morbosa verso
questo ragazzo di Latina, la neces-
sità di avere per forza un’opinione
sulle nuove canzoni, sul tour più
surreale di sempre (sono previste
due date, una allo Stadio di Lati-
na e una all’Arena di Verona), sul
nonsense applicato con dedizione
ragionata. Eppure. Da Mainstream
a Evergreen il passaggio è come
una gita in montagna, quando cam-
mini per tanto tempo su una strada
sterrata e all’improvviso riprende
l’asfalto. Si fa fatica lì per lì ad abi-
tuare le gambe al sentiero di tipo
diverso, poi si prosegue e diventa la
nuova normalità. Mentre con Main-
stream si aprivano le porte a quello
che ancora non aveva un genere di
riferimento e degli artisti da poter
collocare a fianco di Calcutta, ora
le fila dell’indie, se ancora così pos-
siamo definirlo, sono ben tornite,
quasi più affollate di quelle più tra-
dizionali e rassicuranti, e le mezze
frasi mescolate a melodie in cui la
presa di posizione non è sempre
scontata non spaventano più, si
lasciano semplicemente ascoltare.
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Inutile la critica, inutili gli schiera-
menti: Evergreen è un lavoro ben
pensato, ben scritto e ben riuscito,
e se non piace si può solo dar la
colpa, se di colpa si può parlare, al
proprio gusto. Come da che mon-
do è mondo è giusto che sia.
Calcutta traccia per traccia
Non è vero che mai ti mancherà il mio
sguardo da lontano e le luci di città
Briciole è una traccia quasi inte-
ramente piano e voce, un’intro ri-
spettosa e rispettabile come ogni
prima traccia dovrebbe essere. Il
rischio di fidarsi di parole d’amore
da prendere con coscienziosa catti-
va fede.
Poi da me non vieni mai / che poi da te
non è Versailles
Scelta per lanciare il disco, Parace-
tamolo è la canzone che definirei
“paracula”, se paracula fosse un
termine da poter usare in una re-
censione. La frase di apertura che
somma i principi attivi delle com-
presse di Tachipirina ha fatto il
giro dei meme in minor tempo di
quelli che sono stati inventati per il
caso Mattarella/Savona, e l’obiet-
tivo è stato raggiunto.
Un singolo orecchia-
bile, scemo il giusto,
ma non così scemo come
vuol sembrare. Anche qui si parla
di amore, di che altro vuoi parlare.
Battiti che si sommano al contenu-
to delle pastiglie.
Mi sono innamorato / mi ero addormen-
tato di te
Vecchia conoscenza, Pesto da
qualche mese suona ormai nelle
playlist di Spotify. Il buio col pesto
è diventato lo slogan anche di una
famosa compagnia di energia elet-
trica, per dire la portata mediatica
di Edoardo. Forse la traccia più si-
mile a quanto offriva Mainstream,
romantica e straziante, con il pa-
thos che aumenta grazie all’inter-
pretazione sempre accorata che lo
caratterizza.
Fammi vedere i calci sui denti che non mi
riesci più a dare
Kiwi è la prima delle tracce in sor-
dina che da sole valgono l’intero
album. Musicalmente piena, ritmi-
camente coinvolgente, con un testo
che a ogni ascolto assume un colo-
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