TRAKS MAGAZINE TRAKS MAGAZINE 013 ITA | Page 26

recensioni Barberini, “Barberini” Barberini è lo pseudonimo della cantautrice roma- na Barbara Bigi, ma è anche il ti- tolo del suo esor- dio omonimo. Il disco, anticipato dal video Le Cabriolet, è cantato in italiano è si distingue per il suo dream-pop lisergico ed evocativo. Si apre con l’ospite, che in realtà è una presenza fissa per tutto il disco, cioè Filippo Dr. Panico, sull’apertu- ra de L’ultima notte, doppia voce a scartamento lento e piuttosto notturno. Si prosegue con una più minimal Le balene, che sfrutta la forza della filastrocca e si immerge in acque sintetiche. Intro allungata per Le Cabriolet, che pur avendo un fil rouge fatto di chitarra si rive- la piuttosto subacquea. Impressio- ne trasmessa soprattutto dai filtri vocali, che si ripetono anche nella più lenta ma regolare Chiacchiere da bar. Pianoforte, idee bislacche e critica cinematografica in Le pro- duzioni di Hollywood, costruita sulle metafore. Vorrei invece si in- serisce, più o meno, in ambito su- pereroistico per giocare con minu- zie, anche sonore. Spku decide per vie elettroniche, parlando del resto di mondi social-virtuali, risultando in un pezzo quasi ambient dall’an- damento molto particolare. Astro- navi invece torna al pianoforte per raccontare storie astronomiche, lente e curiose. Si chiude con un’af- follata Titoli di coda. Con una voce che fa pensare all’easy liste- ning e a decenni lontani, Barberi- ni riesce a far emergere la propria particolarità da canzoni ben scritte e ben rifinite. Paolo Spaccamonti-Jochen Ar- beit, “CLN” Paolo Spacca- monti prosegue nei suoi incontri ad alto livello e stavolta incoccia in un peso mas- simo come Jochen Arbeit degli 26 Einstürzende Neubauten. Il risulta- to è CLN, un disco sperimentale e con influenze che svariano dall’am- bient all’elettronica a più vasto re- spiro, naturalmente con una parte centrale per la chitarra. La Track I è ambientale e introduttiva, con sensazioni morbide e diffuse. Al- tre le caratteristiche di una piut- tosto infuriata ed estrema Track II, in preda a una sorta di isteria elettrica. Con la Track III i toni si abbassano e i tempi si allungano, come se passate le prime scherma- glie l’intento fosse di lavorare più in profondità. Track IV prosegue nel lavoro sotterraneo, affidandosi a un movimento percussivo pro- fondo che consente alla chitarra di spaziare un po’, anche se in modo sommesso e piuttosto malinconi- co. Con Track V invece i tempi si accorciano di nuovo e si assume come dato di fatto un giro di chi- tarra ripetuto e un’atmosfera un po’ desert rock. Track VI rispetta uno schema simile, ma con mag- gior distacco tra la chitarra solista e il background sotto- stante (e ronzante). Si chiude con Track VII, in cui la vibrazione diven- ta dominante e detta la linea, in un incedere pesante e minaccioso. Al netto di una creatività sonora stra- bocchevole, Spaccamonti e Arbeit si lanciano senza paracadute su percorsi sperimentali come se col- laborassero insieme da sempre. Indianizer, “Zenith” A tre anni di distanza dall’al- bum di esordio Neon Hawaii, gli Indianizer pub- blicano Zenith, secondo lavoro che segna il raggiungimento di un sound più personale e consape- vole. Caratterizzati dall’utilizzo di inglese, spagnolo e una lingua in- ventata, i brani sono nati da jam sessions libere e selvagge a cui sono state aggiunte le linee vocali successivamente, delineando strut- 27