intervista
Rai
Lorenzo Raimondi, in arte Rai, pur
essendo approdato all’elettronica
e allo shoegaze non dimentica le
radici grunge e pubblica Aveva ra-
gione Cobain.
Posto che aveva ragione Cobain,
su cosa, in particolare?
Cobain aveva ragione su molte
cose... Nel brano che dà il titolo al
disco ne vengono però specificate
due in particolare: le armi e la chi-
mica. Se si conosce un minimo la
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storia di Kurt Cobain è superfluo
spiegare cosa intendo. È un’affer-
mazione cinica e anche un po’ pro-
vocatoria, nata il giorno in cui mi
sono chiesto come avrebbe reagito
Cobain se fosse vissuto in una so-
cietà come quella attuale, in cui tut-
to ciò che ha sempre odiato viene
spesso portato all’estremo. Il titolo
non va interpretato come una sen-
tenza, quanto piuttosto come uno
spunto di riflessione... Che poi è un
po’ i l ruolo che mi piacerebbe aves-
sero tutte le mie canzoni.
Quando hai capito che era ora
di fare da solo?
La cosa positiva di suonare in
gruppo è che spesso ci si arric-
chisce a vicenda. Ognuno porta
con sé i propri gusti, la propria
esperienza e sensibilità musicale.
Quando si crea la giusta alchimia
il risultato può essere davvero sor-
prendente. Di contro però, bisogna
spesso arrivare a dei compromes-
si e a volte si finisce per chiedersi
quale invece sarebbe potuto essere
il risultato se tutto fosse stato fat-
to a modo nostro. Forse ora, per
quanto mi riguarda, è giunto il mo-
mento di togliermi questa curiosità.
Curare ogni aspetto del mio pro-
getto è dieci volte più impegnativo.
Ma altrettanto gratificante, quando
si vedono le proprie idee prendere
forma nel modo in cui si sono im-
maginate.
Ti riconosci nella definizione
“retro pop+ elettronica”?
Sì, le sonorità di Aveva ragione Co-
bain nascono da anni di musica vis-
suta. Grazie anche al mio lavoro
sono venuto in contatto con tan-
tissime band e questo mi ha dato
l’opportunità di confrontrmi con
altrettante realtà differenti. I miei
ascolti sono cambiati nel tempo e
si sono evoluti. Alcuni sono sci-
volati via facendo poco rumore e
senza lasciar tracce troppo visibili,
mentre altri sono rimasti impressi
nel mio bagaglio culturale che mi
porto sempre appresso. Ecco, sono
tutte queste sonorità che compon-
gono il disco, tenute insieme da un
amalgama di synth e ritmiche elet-
troniche schiette e
poco patinate.
Perché hai aperto il
Micro Silent Studio?
A un certo punto della mia vita
ho sentito la necessità di avere un
posto tutto mio in cui rifugiarmi,
raccogliere le idee e fissarle nello
spazio e nel tempo. Da qui è nato
il Micro Silent Studio, uno studio
di produzione musicale casalingo
in cui creo, mixo e sperimento.
Micro perché è ricavato nell’ango-
lo di una piccola stanzetta, dove
tutta la mia attrezzatura è dispo-
sta in modo tale da ottimizzare al
meglio gli ingombri. Silent perchè
spesso ci lavoro di notte e tro-
vandomi in un condominio, mi
capita di fare la maggior parte de-
gli ascolti in cuffia. È così che ha
preso forma il mio disco! Oltre ad
averne mixato anche qualcuno per
altre band e musicisti, al momento
mi sto occupando nell’area di Mi-
lano della produzione audio per
Sofar Sounds, format internazio-
nale di concerti segreti.
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