TRAKS MAGAZINE TRAKS MAGAZINE 012 ITA | Page 30

recensione Turin Brakes di canzoni pop ben fatte, esegui- te in acustico, per lo più semplici ma di ottimo impatto. È perciò con una piccola fitta di nostalgia che ci si mette a recensire questo nuovo Invisible Storm, che vede la band (ormai di band vera si trat- ta, un quartetto ben oliato), ottavo disco di una carriera che ha visto anche successi “da classifica” tipo Painkiller, nonché tour mondia- li e riconoscimenti internazionali. Il vostro anziano redattore non è abituato all’attitudine da blogger, cioè usare le recensioni per infilar- ci ricordi personali. Tuttavia ogni tanto si fa un’eccezione: i Turin Brakes evocano memorie perso- nali di un concerto a Milano, al Tunnel, nel lontano 2001, di spalla ai Kings Of Convenience, dopo l’esordio con The Optimist LP. All’e- poca i ragazzi erano due, l’aria un po’ spersa, ma già un buon carico 30 Partono forte con Would You Be Mine appiccicano a un titolo stile Guns’n’Roses una sezione ritmica che tira il gruppo con potenza e “tiro” insospettabile per una band famosa per essere soft. Incisi di fiati fanno pensare a band indie co- etanee, tipo i Gomez. Il discorso ritmico prosegue intenso ma i toni si ammorbidiscono con Wait, il primo singolo, che parte come Hey Ya degli OutKast ma poi cambia. Always sceglie un registro giocoso ma morbido, più vicino alle can- zoni da pomeriggi assolati a cui ci avevano abituato. Anche Lost in the Wood sembra non aver voglia di litigare, ma rivela aspetti più inci- sivi, con qualche ricciolo aggiunti- vo di chitarra. Ci si tuffa in profon- dità con Deep Sea Diver, ballad con risonanze country che riporta a galla tutto il romanticismo pop che la band sa esprimere, coretti compresi. Life Forms si risolleva in fretta, rimettendo al centro voce e chitarra. Ma con Invisible Storm si torna all’oscuro, anche se l’incipit è molto più tetro di quanto poi la canzo- ne riveli di essere. Giro cattivo e acido, nonché “echeggiato” elettronica- men- te, con un beat quasi dance: tutto questo arriva con Everything All At Once, canzone più di risenti- mento che di sentimento. Tomor- row gira intorno alla ripetizione del concetto, rafforzato da strutture sonore rock. Smoke & Mirrors invece la prende alla larga, poi sus- surrae chiude in modo morbido. E ancor più sul morbido si va verso il finale, con Don’t Know Much. Tolta qualche accelerazione, Kni- ght e Paridjanian sembrano, nella sostanza, essere ancora quelli di quella sera al Tunnel: capaci di dare il meglio soprattutto quando le luci sono un po’ soffuse, le idee confu- se e la bottiglia sembra voler finire troppo in fretta. E in più, la mae- stria nel costruire canzoni-canzoni, che niente chiedono ma molto ri- escono a dare, soprattutto se sei in cerca di qualche consolazione pop. 31