All’interno del packaging dell’al-
bum ci saranno due dischi, uno
che suona e uno che germoglia
se messo sottoterra. Questo per-
chè ho voluto inserire un simbolo
per ricordare che ognuno di noi
nel suo piccolo e nelle sue attività
può, appunto, rendere il mondo
un po’ migliore di come lo ha tro-
vato, e nel mio caso ho voluto uti-
lizzare le mie canzoni. Parallela-
mente a questo disco ho aperto un
blog in cui racconto gli alberi da
un punto di vista diverso da quel-
lo a cui siamo abituati, provando a
guardarli in un modo nuovo con-
siderandoli molto più di semplici
esseri muti (www.francescocamin.
com).
Dove scrivi le tue canzoni?
Le canzoni che scrivo non sono
improntate sull’ecologia, altrimen-
ti mi sarei candidato come segre-
tario dei Verdi! È vero però che
nei miei testi ci sono molto spesso
richiami alla natura, alle sue ma-
nifestazioni e ai suoi equilibri; è
una cosa che mi affascina parec-
chio, soprattutto perché siamo
immersi anche noi in quegli stessi
rendere il mondo un po’ migliore
di come l’ho trovato?” e un giorno
un’intuizione è arrivata: “Potrei
piantare nuovi alberi con la mia
musica e nello stesso tempo pro-
vare a raccontare perché amo così
tanto i giganti verdi e la loro vita
silenziosa”. Quando questo pen-
siero è arrivato mi sono emozio-
nato, ero felice, e ho deciso di pro-
varci! A oggi le mie canzoni sono
riuscite a piantare circa 70 alberi
nelle zone desertiche dell’Africa e
del Sud America, un numero pic-
colino che ovviamente vorrei far
crescere piano piano nel tempo.
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Come nasce “Tasche”?
“Tasche” è una canzone a cui
sono molto affezionato, forse
una delle mie preferite del disco.
È una richiesta d’aiuto, ci sono
cose che non dico mai, che vo-
glio tenere segrete agli occhi
degli altri, e forse anche ai miei.
Sono i demoni, le paure, i mo-
stri, il passato. Sono il mio piom-
bo. Tutto quello che mi appesan-
tisce, che riempie le mie tasche
e mi tiene ancorato sul fondo
di un mare limpido che sareb-
be bellissimo esplorare leggero
e senza timori. L’unica cosa che
può svuotare le mie tasche e far-
mi nuotare con le balene è l’amo-
re, non inteso come amore per
un’altra persona o come amo-
re sdolcinato e romantico, ma
come sola e unica verità esistente
nell’universo e quindi nella vita
di ognuno di noi.
Dovessi scegliere un artista con
cui scrivere una canzone?
In questo periodo della mia vita
sceglierei senza dubbio Justin
Vernon, il creatore del progetto
Bon Iver.
equilibri e leggi universali, solo
che spesso ce ne dimentichiamo
(o non lo sappiamo nemmeno).
Nonostante questo mio viscera-
le abbraccio con il mondo verde,
non ho mai scritto una canzone
in un bosco o in un prato, mai.
Questo per il discorso che ho tira-
to fuori nella prima domanda, sul
fatto che le cose non si scelgono
ma si possono solo “accogliere”.
Non mi è mai capitato di dire “Ok,
adesso vado nel bosco e scrivo
una canzone” perché penso che
una tecnica del genere non avreb-
be mai successo. Le canzoni credo
provengano da una dimensione
diversa da quella mentale, non
sono razionali, non sono pensate,
e ammetto che quando le scrivo
non mi sento altro che un veicolo,
per questo motivo è così emozio-
nante! A volte capita davvero di
sentisi connessi con qualcosa di
più grande e ignoto. Però capita
quando capita, l’unica cosa da fare
è seguire il flusso e provare ad am-
plificarlo, e ovviamente allenarsi
a “provocare” queste intuizioni e
momenti creativi. Fosse facile.
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