TRAKS INTERVIEW TRAKS INTERVIEW#9 | Page 18

Le vostre canzoni, a quanto dice la presentazione del disco, na- scono da “flussi di coscienza” che prendono forma un po’ alla vol- ta. Potete raccontare qualcos’al- tro sul vostro modo di compor- re? Flusso di coscienza è un modo pomposo per dire che componia- mo prevalentemente a caso. In ogni prova a Mestre portavamo tutto quello che le giornate tra- scorse ci lasciavano, i pezzi sono cresciuti con noi volta per volta, e sono venute fuori delle cose così vere da sopraffarci, piene di erro- ri e di difetti, ma che sapevano di noi più di quanto sapessimo noi di loro. Il problema di scegliere una via performativa per espri- mersi è il dover rivivere ogni volta le emozioni spesso ingestibili che ci portano a scrivere, per questo cerchiamo una via ironica nel no- stro modo sgangherato di metter su canzoni. L’idea, l’immagine o la storia da cui partiamo è spesso molto oscura, e i testi lo dimo- 18 strano. Con la musica cerchiamo di divertirci, Valentina tira fuori dei suoni così assurdi a volte che il contrasto è esilarante. Oltre alle influenze propriamen- te elettroniche, si direbbe che amiate la dark wave. Quali sono i vostri capisaldi musicali in asso- luto? In realtà di darkwave, a parte i Clan Of Xymox amati molto da Valentina, non ascoltiamo prati- camente niente. Abbiamo gusti musicali parecchio differenti, ma ci accomuna la musica di Annie Clark (aka St. Vincent). Come nasce “A Day as Anubi”? A Day as Anubi nasce come un motivetto divertente dove Laura suona la sua tastierona e Valenti- na la batteria, poi per mancanza di abilità alle percussioni passa al basso. Da canzone da cabaret diventa una delle tracce più cupe che abbiamo mai composto. Il re- sto è segretissimo. Che cosa ha regalato la produ- zione di Jacopo Gobber a questo disco? Il ruolo di Jacopo, che ringrazia- mo ulteriormente, è stato chiave. Non avendo mai lavorato prima con un produttore, ci è sembrato incredibile come abbia capito il nostro intento e ha saputo dare la veste perfetta a ogni traccia pur rispettandone il senso. Il risulta- to è un disco con le sonorità che cercavamo, ma molto più raffinate e piene rispetto alla nostra demo. L’apporto fondamentale della sua produzione da autentico ingegne- re del suono è stata la resa dello spazio che è riuscito a dare attra- verso i suoni, che, nell’ottica di un disco molto legato all’ambiente in cui è stato concepito, non poteva essere più calzante. 19