RUPERT: Massimo Ruberti-Daniele Catalucci-David Marsili-Roberto Mangoni-Ada Doria
pra descritte. Un lavoro evocativo ed
ermetico, assolutamente di atmosfera
fantascentifica ambientato in questo
universo fortemente dualistico (tecno-
logia/primitivismo). Il secondo clip del
pezzo di apertura “Wilderness”, quasi
un’ introduzione, è tutt’altra cosa. E’
un cut-up fatto da me di vecchi video di
documentari naturalistici e scientifici
degli anni ’70. Ammetto di essermi ispi-
rato ai video dei Boards of Canada (duo
che io amo) e alle loro atmosfere da ‘fu-
Hai in progetto due video legati al di-
sco: ce ne puoi parlare?
Forse riesco a realizzarne un terzo ma
ancora non c’è nulla di pianificato! Il
primo è il videoclip del pezzo “Falling”,
realizzato in computer graphic dal vi-
deomaker Maximilian Urazov. Non ci
siamo mai incontrati ma ci siamo co-
nosciuti sul web e abbiamo lavorato
a distanza. Nonostante questo limite
trovo che il lavoro di Maximilian ab-
bia centrato le atmosfere del disco so-
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turo passato’. E
in effetti la loro
influenza si può
sentire chiara-
mente anche nel
pezzo. Ho sempli-
cemente lasciato
che l’atmosfe-
ra mi guidasse
senza forzare la
direzione, e ho
realizzato questo
breve e semplice
videoclip.
Come nasce
“Green Cave/
Invocation”, che
da un certo pun-
to di vista po-
trebbe sembrare
in qualche modo
l’architrave del lavoro?
In realtà non ci sono architravi o pietre
angolari in questo lavoro, ogni pezzo
si può definire l’architrave di se stes-
so, ogni composizione è un mondo a
sé stante. Sicuramente “Green cave/
invocation” è il pezzo più denso e com-
plesso, nonché il punto più oscuro. Se
in “Falling” la parte dominante è quella
tecnologica, in “Greencave” predomi-
na quella tribale/primitiva. I due pezzi
sono concettualmente opposti. C’è stato
un lungo lavoro di ricerca, prima che
di composizione. Ricerca (e scelta) dei
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giusti suoni acustici, come i tamburi
portanti, le voci, i flauti, i canti; tutti
cercati tra tantissime registrazioni d’e-
poca, su nastro magnetico. Questo la-
voro pre-musicale ha richiesto mesi di
tempo. Una volta fatta questa cèrnita,
ho dovuto mettere a tempo e accordare
tutto questo materiale. Puoi immagi-
nare il pezzo come la sonorizzazione di
un rituale sacro, che cresce di tensione
fino ad arrivare all’ invocazione della
divinità e alla sua manifestazione fisi-
ca. Divinità che potrebbe essere anche
una macchina, o una forma ibrida. Ipo-
tesi che viene rafforzata dall’ uso di due
sintetizzatori in arpeggiatore (un Korg
Polysix e un Volca Keys) che si sovrap-
pongono e si intrecciano tra loro, crean-
do un’atmosfera decisamente ‘robotica’.