TRAKS INTERVIEW TRAKS INTERVIEW #8 | Page 30

RUPERT: Massimo Ruberti-Daniele Catalucci-David Marsili-Roberto Mangoni-Ada Doria pra descritte. Un lavoro evocativo ed ermetico, assolutamente di atmosfera fantascentifica ambientato in questo universo fortemente dualistico (tecno- logia/primitivismo). Il secondo clip del pezzo di apertura “Wilderness”, quasi un’ introduzione, è tutt’altra cosa. E’ un cut-up fatto da me di vecchi video di documentari naturalistici e scientifici degli anni ’70. Ammetto di essermi ispi- rato ai video dei Boards of Canada (duo che io amo) e alle loro atmosfere da ‘fu- Hai in progetto due video legati al di- sco: ce ne puoi parlare? Forse riesco a realizzarne un terzo ma ancora non c’è nulla di pianificato! Il primo è il videoclip del pezzo “Falling”, realizzato in computer graphic dal vi- deomaker Maximilian Urazov. Non ci siamo mai incontrati ma ci siamo co- nosciuti sul web e abbiamo lavorato a distanza. Nonostante questo limite trovo che il lavoro di Maximilian ab- bia centrato le atmosfere del disco so- 30 turo passato’. E in effetti la loro influenza si può sentire chiara- mente anche nel pezzo. Ho sempli- cemente lasciato che l’atmosfe- ra mi guidasse senza forzare la direzione, e ho realizzato questo breve e semplice videoclip. Come nasce “Green Cave/ Invocation”, che da un certo pun- to di vista po- trebbe sembrare in qualche modo l’architrave del lavoro? In realtà non ci sono architravi o pietre angolari in questo lavoro, ogni pezzo si può definire l’architrave di se stes- so, ogni composizione è un mondo a sé stante. Sicuramente “Green cave/ invocation” è il pezzo più denso e com- plesso, nonché il punto più oscuro. Se in “Falling” la parte dominante è quella tecnologica, in “Greencave” predomi- na quella tribale/primitiva. I due pezzi sono concettualmente opposti. C’è stato un lungo lavoro di ricerca, prima che di composizione. Ricerca (e scelta) dei 31 giusti suoni acustici, come i tamburi portanti, le voci, i flauti, i canti; tutti cercati tra tantissime registrazioni d’e- poca, su nastro magnetico. Questo la- voro pre-musicale ha richiesto mesi di tempo. Una volta fatta questa cèrnita, ho dovuto mettere a tempo e accordare tutto questo materiale. Puoi immagi- nare il pezzo come la sonorizzazione di un rituale sacro, che cresce di tensione fino ad arrivare all’ invocazione della divinità e alla sua manifestazione fisi- ca. Divinità che potrebbe essere anche una macchina, o una forma ibrida. Ipo- tesi che viene rafforzata dall’ uso di due sintetizzatori in arpeggiatore (un Korg Polysix e un Volca Keys) che si sovrap- pongono e si intrecciano tra loro, crean- do un’atmosfera decisamente ‘robotica’.