piacerebbe che la gente si sforzasse
di ascoltare e capire. In ogni caso,
l’ispirazione arriva soprattutto da
quello che mi succede, e da quello
che vedo succedere. Io cerco di rac-
contarlo con una sorta di macabra
ironia. Ecco.
Per vent’anni hai fatto principal-
mente il batterista, perciò immagi-
no che le tue canzoni abbiano una
nascita e un’impostazione un po’
diverse da quelle del cantautore
classico. Hai un metodo di compo-
sizione standard oppure è variabi-
le? Qual è la tua routine compositi-
va tipica?
Ho da sempre suonato la chitarra,
e in tutti gli anni durante i quali ho
suonato la batteria ho sempre conti-
nuato a suonarla e a scrivere pezzi
per me o per i gruppi in cui suona-
vo. La mia struttura compositiva è
principalmente dettata dalla loop
station, cioè qualsiasi riff io scriva
per un pezzo, deve necessariamente
incastrarsi melodicamente e ritmi-
camente con quello che c’è prima e
quello che viene dopo. Idem per le
batterie. Di base parto da un giro
scritto improvvisando, e su quello
lavoro. Altre volte invece parto dal
testo e da una melodia vocale.
Hai fatto la scelta di lavorare da solo
anche in questo caso, fatta eccezione
produzione e mix di Gabriele Riccio-
ni. La tua scelta di “isolamento” è una
scelta pratica oppure “ideologica”, per
preservare le tue canzoni da interven-
ti esterni?
Per quanto riguarda la scrittura pre-
ferisco fare da solo, anche perché è un
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processo molto stratificato, in cui ogni
parte resta a stagionare qualche tempo.
Per quello che riguarda la produzione
invece la mia è una scelta fondamental-
mente economica. A me piacerebbe mol-