TRAKS INTERVIEW TRAKS INTERVIEW #6 | Page 36

preferisco farne uso quando un brano ha già preso la sua for- ma e devo per esempio curarne l’arrangiamento o trovarne il suono giusto. “Flashmob” è uno dei due sin- goli che hai scelto di estrarre dall’ep. Una frase mi ha colpi- ta particolarmente: “moto di mediocrità nell’eterno ritorno all’uguale”. Una visione piut- tosto pessimista del mondo in cui viviamo, sempre più distratto e inumano. In che modo le arti possono aiutare a svegliare le coscienze dal tor- pore in cui sono avvolte? In realtà non mi ritengo pessi- mista, tutt’altro. Se ci fai caso, in tutte le mie canzoni, anche quelle che nascono da qualco- sa di triste o deludente, cerco sempre di trovare un risvolto positivo. “Flashmob” descrive il moto omologato delle persone che sembrano correre tutte nel- la stessa direzione e senza una meta. Ma quello che parla è l’occhio di un osservatore esterno che si astrae per un attimo dalla realtà, non conoscendo quello che passa nell’anima di ogni singolo individuo, spesso co- stretta a muoversi in quel modo senza volerlo o, peggio, senza farci caso. Il messaggio che vuole trasmettere il brano è proprio quello di fermarsi ogni nella mia testa mentre cammino, men- tre sono in metropolitana, mentre viag- gio. In sostanza in quei momenti in cui i pensieri sono liberi di fare il loro per- corso senza impedimenti o costrizioni. Per questo motivo, in tutta la mia vita non ho praticamente mai scritto un pezzo “a tavolino”. La precisione e il ri- gore in ogni caso mi appartengono, ma 36 tanto a guardare dove ci si trova, chi si ha intorno. Ma soprattutto a uscire dagli schemi che ci vengono imposti, perché non saranno quelli a diventare i nostri ricordi. Prima di essere l’autore di “Sfere” ti sei messo alla prova in diversi ambiti: ho letto che hai fatto parte di un coro gospel, che hai realizzato cortometrag- gi e spot pubblicitari, e hai suonato e cantato in diverse band in giro per l’I- talia. Che cosa hai imparato da ognuna di queste esperienze? A quale sei mag- giormente legato? Sì, è vero, ho avuto la fortu- na di provare tante e diverse esperienze a livello musicale, alcune volutamente, altre un po’ più per caso. Purtroppo non ho studiato musica come si fa al Conservatorio, ma la curio- sità e la passione mi hanno portato a imparare tanto sia da me stesso sia dalle perso- ne che ho incontrato. E’ come quando si fa un bel viaggio itinerante e si vedono pae- si diversi e tanti volti nuovi. Al ritorno è difficile dire che cosa è piaciuto maggiormente, proprio perché ogni situazio- ne ha arricchito a suo modo il bagaglio che ci si porta dietro. Per esempio i lavori da studio, come le musiche per cortome- traggi o spot, mi hanno per- messo di valorizzare e affinare la par- te più tecnica da utilizzare per le mie produzioni. Mentre le esperienze più “rock” mi hanno aiutato a tirare fuori la grinta, a superare le paure da palco e allo stesso tempo a imparare a lavo- rare in coesione con altri musicisti do- tati di qualità molto diverse dalle mie. Forse potrei risultare banale in questo frangente, ma per motivi diversi mi sento legato a ogni singola esperienza che ho vissuto in ambito musicale. Chiara Orsetti