GIACOMO TONI tenere la
canzone in officina
“Senso di inadeguatezza verso un ambiente musicale che produce paccot-
taglie di sentimentalismi e piagnistei generazionali”: questo il punto di
partenza di “Nafta”, nuovo, notevole e stralunato lavoro del cantautore
romagnolo, tra storie di rallisti, gite a Chinatown, varie ed eventuali
un gruppo di canzoni in grado di espri-
mere una nostra proposta di “contro-
cultura” rispetto alle produzioni indi-
pendenti. Diciamo che mi sono preso il
tempo per nutrire il mio senso di inade-
guatezza verso un ambiente musicale
che produce paccottaglie di sentimenta-
lismi e piagnistei generazionali.
C’è un contrasto di fondo nelle canzo-
I tuoi primi dischi sono usciti in suc-
cessione piuttosto rapida, mentre per
questo è stato necessario più tempo.
Una pausa voluta o semplicemente gli
impegni con live e altri progetti?
Tra un live e l’altro, e la partecipazione
a qualche altro progetto discografico,
mi sono detto che avrei pubblicato sol-
tanto nel momento in cui avessi trovato
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ni di questo disco, secondo me: suona-
no estremamente fluide e sembrano
sgorgare quasi d’impeto. Poi leggo le
note di realizzazione e vedo che invece
arrivano da percorsi mentali spesso
estremamente tortuosi... Mi racconti
come componi e quanto lavori su ogni
composizione?
Mi sono sempre sentito una persona
di scarsa immaginazione, almeno
rispetto ad altri cantautori. Cre-
do di aver bisogno, per chiudere
una canzone, di molto più tempo
rispetto ai miei amici “colleghi”.
Così quando inizio la stesura di un
testo che in genere nasce sempre
da una libera scrittura, devo dare
una giustificazione letteraria al
prosieguo, perché possa avere un
valore per me e in seguito per un
eventuale ascoltatore. Vorrei che
un testo fosse un’esperienza di det-
tagli poetici nascosti in una storia
fluida, all’interno di un paesaggio
e raccontata da un personaggio con
un profilo psicologico definito. Fare
ricerca in letteratura è il miglior
strumento di lavoro per questo sco-
po, e tenere la canzone in officina
per almeno un anno secondo me
aiuta a trovare soluzioni impensa-
te all’inizio.
Molte delle storie che racconti nel
disco sono vere o verosimili. Po-
sto che sei evidentemente dotato
di un occhio attento per storie curio-
se, pensi anche di essere immerso in
un ambiente piuttosto ricco di spunti
“particolari”? La Romagna (e il resto
d’Italia, tipo la Chinatown milanese)
che racconti sembra molto più ro-
manzesca di quello che appare a un
visitatore medio…
Certe storie bisogna andarsele a cer-
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